Essere “social” rimanendo isolati

di Jonathan Santi Pace La Pegna

“E guardo il mondo da un oblò, mi annoio un po’”, cantava una famosissima canzone italiana.
Ebbene, per quanto gli oblò possano richiamare talvolta a una dimensione di relax, vacanza, svago, essi possono fare riferimento anche all’idea di un luogo chiuso, protetto, impermeabilizzato, quasi asettico e distaccato, con una piccola e limitata vista sul mondo. È proprio questa la dimensione “social” (nel senso di “sociale”) più diffusa e pervasiva al giorno d’oggi, tra giovanissimi, giovani e meno giovani, e ciò non solo per effetto diretto della pandemia e del distanziamento sociale, ma come mood e stile di vita che si va allargando.
I social media, gli influencer, le app di messaggistica, i filtri, le dirette video, le comunicazioni instant, danno l’idea di una realtà multiforme priva confini in cui è possibile raggiungere chiunque quando si vuole, dominata dall’immediatezza della comunicazione, che spesso però risulta a conti fatti un mero abbaglio, come un toccare senza percepire, un sentire senza ascoltare, un assaggiare senza assaporare. Vedere un piccolo spaccato della realtà che ciascuno mette a disposizione attraverso questi mezzi, conferisce l’illusione di poter fare parte, a volte, delle vite di tanti, pur toccando pochi, auto relegandosi entro piccoli spazi di vita patinati costruiti ad hoc, che danno una parvenza di vicinanza ma privi di sostanza.
“Stare insieme a molti rimanendo soli” è il pericolo che uno stile di vita vissuto soltanto o prevalentemente entro i confini di questa dimensione “social” può comportare. Mettendo da parte al momento tutti quei pericoli di “dipendenza” da queste forme di virtualità per cui sarebbe necessario un excursus a parte, ciò che è importante sottolineare è che l’essere umano per strutturarsi e mantenersi in maniera salutare e funzionale ha bisogno della socialità vera, della compagnia vissuta, della vicinanza emotiva, del confronto e dell’apporto personale attivo fatto di scambi, aspettative, delusioni e conquiste.
L’uomo è un animale sociale (cit. Aristotele, IV sec. A.C.).