Guerre stellari? Insegniamo la pace

Guerre stellari? Insegniamo la pace

Il nome di George Lucas è, nel nostro immaginario, un velocissimo veicolo a bordo del quale passiamo da Guerre Stellari alla saga di Indiana Jones, tra galassie e mondi, spazio e giungle, navicelle e sabbie mobili, insieme a mille altre sequenze iconiche di film del regista e produttore.

Non molti sanno che George Lucas ha fondato, nel 1991, Edutopia e Lucas Education Research, con l’intento di contribuire a trasformare l’istruzione primaria e secondaria. Scopo della Fondazione è puntare i riflettori su cosa funziona nell’istruzione, per far sì che tutti gli studenti possano acquisire le conoscenze e le competenze utili per prosperare negli studi e per dare fondamenta solide e fertili per la realizzazione di ognuno nella vita adulta.

La Fondazione raccoglie, verifica e racconta storie di innovazione e apprendimento continuo nel mondo reale, collabora con società di ricerca e università prestigiose per identificare e valutare le pratiche di insegnamento che hanno un impatto positivo profondamente incisivo sul corso dell’apprendimento e sul rendimento degli studenti e delle loro future realizzazioni nella vita.

Siamo in tempo di guerra e sono convinta che dovremmo fermarci a pensare al perché, a fronte di un’evoluzione costante di tecnologia e competenze, gli esseri umani sono solo pochi passi più in là della clava, dal punto di vista emotivo. Ovvie le ragioni di potere, economiche, di disponibilità delle risorse: ma c’è qualcosa di più. C’è ancora poco investimento sull’educazione emotiva nelle scuole, ad ogni latitudine e in contesti radicalmente diversi, anche tra i sistemi più evoluti per opportunità socio-economiche e culturali.

L’istruzione, i primi anni di vita, i contesti emotivi in cui si cresce sono materia degli psicologi e di chiunque creda che ci sia ancora molto da esplorare ed applicare in questo campo, con l’intento di dare migliori possibilità alle giovani generazioni e a quelle future, anche in tema di pace e gestione della rabbia, un sentimento utile quando esercitato in modo funzionale, come strumento. e non come emozione che offusca i processi alti.

Ho recentemente letto i contributi di un’insegnante della Lafayette Elementary School di Washington, Ryden, che scrive per EdSurge.

Questa brillante educatrice ha sperimentato, con i suoi piccoli allievi, l’utilizzo di due strategie per comprendere e governare la rabbia: la neuroscienza della rabbia e il potere di autoregolamentazione della consapevolezza.

In pratica, ha spiegato ai bambini come funziona la rabbia, il coinvolgimento dell’amigdala e alcune tecniche di regolamentazione che potevano mettere in atto nel preciso momento in cui accadeva il fatto scatenante ed erano sopraffatti dalla potenza del sentimento. Per farlo, Ryden ha utilizzato un burattino da lei costruito, per poter mostrare ai suoi studenti cosa succede quando si arrabbiano: la parte del cervello responsabile del pensiero e delle funzioni esecutive, la corteccia prefrontale, va per così dire “offline”. È in quel momento che l’amigdala, responsabile della risposta alle minacce e al pericolo, prende il sopravvento e inizia a prendere decisioni.

Ryden ha capito che far visualizzare ai bambini materialmente, con un metodo semplice, l’insorgere della rabbia poteva essere una parte importante della sua pratica di insegnante. L’ispirazione, racconta Ryden, le è venuta quando ha assistito a una conferenza di Daniel J. Siegel, professore clinico di psichiatria presso la Scuola di Medicina dell’UCLA, che usava la sua mano per descrivere cosa succede nel nostro cervello quando ci arrabbiamo.

Quando i suoi studenti, a partire dalla prima elementare e fino alla quinta elementare, acquisiscono questa comprensione di base di ciò che sta accadendo nei loro cervelli, Ryden inizia a insegnare loro come utilizzare alcuni strumenti per “calmare” il loro cervello.

Come sappiamo, possiamo inviare messaggi corporei al cervello, che li interpreterà come segnali di “situazione rientrata”, attraverso la nostra modalità di respiro. Respirare profondamente e lentamente è un modo per dire al nostro centro di controllo che va tutto bene e che l’amigdala può rientrare dalla condizione di allarme.

Insegnare ai bambini a fare cinque respiri, a tendere i muscoli durante l’inspirazione e a rilasciarli durante l’espirazione e praticare altre tecniche di respirazione, integrando questo insegnamento semplice in modo regolare e quotidiano nella giornata scolastica, permette ai bambini di sviluppare la competenza per affrontare il problema che li ha fatti arrabbiare con maggiore consapevolezza e minore stress.

La frequenza e ripetizione della pratica è fondamentale: apprendere e praticare la consapevolezza non è certo un’acquisizione rapida. Ma imparare a farlo da piccoli, come si impara la matematica o la geografia o l’educazione fisica, cambia completamente il paesaggio mentale dei bambini.

Non è solo un modo per controllare la rabbia, ma un ottimo modo per focalizzare, abbassare lo stress, migliorare le competenze sociali, utilizzare l’autoregolazione in modo utile e rendere più semplici, partecipati e apprezzati molti processi mentali, riducendo anche l’ansia e i sentimenti depressivi.

Il mondo può cambiare solo se ci si esercita a praticare interazioni pacifiche, rispettose, consapevoli, inclusive. Un tale insegnamento dovrebbe avere dignità e spazio nella progettazione del curriculum scolastico. E si può realizzare in modi avventurosi e divertenti: non serve essere Luke Skywalker per diventare un valoroso cavaliere Jedi al servizio del nostro benessere mentale.

Basta iniziare da piccoli.