Desiderio, volontà e cambiamento
Il cambiamento si basa su due elementi principali, il desiderio e la volontà, ma è qualcosa di più della somma delle sue parti.
Spesso in terapia le persone lamentano di non saper che cosa fare, rispetto ad una situazione specifica o, in generale, come vissuto esistenziale. Nella maggior parte dei casi, il problema non riguarda tanto la scelta dell’azione, il “cosa faccio“, ma il conflitto che sta prima, il “cosa voglio“, e, ancor prima, il “cosa sento“.
Il desiderio e la consapevolezza
Molte persone non sanno riconoscere ciò che sentono e, di conseguenza, ciò che vogliono. Si sono a lungo adagiate su vecchi schemi ed esigenze dettate dall’esterno, tanto da non avere consapevolezza di sé. Al di là della crisi che accompagna ogni cambiamento significativo, vi può essere una difficoltà ad accedere al proprio sentire, ai propri desideri e alla propria volontà con origini profonde. Esperienze infantili, messaggi genitoriali e decisioni antiche possono aver determinato una esclusione di aspetti propri fondamentali per l’autoriconoscimento e per lo sviluppo della propria autonomia.
Una convizione limitante strutturatasi nell’infanzia, del tipo che “il sentire è segno di debolezza”, può aver portato la persona a decidere di reprimere i propri desideri: “se non desidero mai, non sarò mai debole”. Può esservi stato un ritiro dal desiderio per difendersi dal rischio che gli altri si allontanino: “se non desidero più, non potranno lasciarmi di nuovo solo/a”. O un evitamento del fallimento: “se smetto di volere non posso sbagliare, sono salvo/a”. Possono essersi formate fantasie infantili persecutorie di perdita, abbandono, punizione, con scenari che confermano il divieto ai propri desideri o con l’aspettativa salvifica che un giorno qualcuno o qualcosa cambierà le sorti del proprio destino.
L’inibizione dell’azione da un lato, l’agire inconsapevole dall’altro
Quando la persona blocca il contatto con le proprie emozioni e i propri affetti, può passivizzarsi e inibire, oltre ai propri desideri, anche l’azione. Oppure, agire senza una base di consapevolezza, in risposta a desideri non propri, inautentici o appartenenti al passato. Nel primo caso, tendono a prevalere sentimenti di depressione, vuoto e mancanza di senso. Nel secondo, vissuti di rabbia e frustrazione poiché, nonostante gli sforzi, ci si sente insoddisfatti. Dunque, non c’è desiderio senza un reale sentire e non può esserci volontà senza un reale desiderio.
La volontà e la responsabilità
Alcune volte la persona riconosce i propri desideri ma si blocca nel realizzarli. “Non ci riesco” è la tipica espressione di chi mette in campo numerosi tentativi senza successo. Questa affermazione, che risuona come un lamento vittimistico, si fa portavoce di una parte interna che rema contro, perché non vuole il cambiamento. Affinché il conflitto si sciolga, è necessario che la persona sia disposta a rinunciare ai vantaggi del rimanere dov’è. Questo punto può sembrare in apparenza paradossale ma in realtà vi sono sempre motivi molto validi per non crescere e rimanere dipendenti. Per non assumersi la responsabilità di ciò che si è e di come si sta vivendo.
Diventare responsabili significa smettere di volere una soluzione dall’esterno. Ritirare le aspettative infantili sugli altri, le pretese e le accuse rispetto alle proprie mancanze e insoddisfazioni. Riconoscere tutte le proprie parti, le manipolazioni e le dinamiche con cui ci si sta sabotando. Accettare i propri limiti e i propri errori. Trovare in sé le risorse per proteggersi e il coraggio per affrontare i rischi che il vivere comporta: diventare adulti. Confrontarsi con la propria solitudine, perché nessun altro può sentire, volere e affrontare la vita al proprio posto.
Per realizzare ciò che si desidera occorrono nuove decisioni
Quando si sperimenta pienamente il desiderio, ci si trova di fronte alla necessità di operare una scelta. Qualsiasi atto richiede una decisione. E, anche se in figura può non esserci una crisi decisionale, in terapia le persone sono sempre in lotta con una qualche forma di decisione.
Le decisioni sono difficili perché implicano una rinuncia. Decidere per qualcosa vuol dire lasciar andare qualcos’altro. Può essere molto doloroso separarsi dal passato e rinunciare agli aspetti infantili e dipendenti della personalità. L’Analisi Transazionale dà una importanza centrale alla decisione, con l’obiettivo di guidare la persona a lasciar andare la decisione infantile originaria e a ridecidere nel presente. In modo che possa uscire dal copione, dal piano di vita autolimitante che blocca l’esperienza in schemi ripetitivi, e rispondere alla realtà dei suoi bisogni e dei suoi desideri.