Il lamento ha una funzione o è solo deleterio?
Una delle forme comunicative disfunzionali nelle relazioni umane è il lamento.
La persona che si lamenta, in genere, racconta il proprio vissuto con particolare enfasi sugli aspetti negativi.
La sua visione della realtà è caratterizzata da una profonda sfiducia nella vita e nelle persone, evidenziando solamente malcontento e vittimismo.
Il lamento non è considerato uno sfogo.
Innanzitutto, quest ultimo è transitorio e circoscritto al racconto stesso.
Lo sfogo, infatti, ha un effetto liberatorio, in cui si condivide con il proprio interlocutore, non solo la storia, ma anche le preoccupazioni, le emozioni legate ad essa.
Quasi come se, esternando i propri pensieri, si riuscisse ad avere la chiave di lettura per migliorare la situazione.
Il lamento, al contrario, non ha alcuna funzione.
Esso è la modalità comunicativa preferita da chi non vuole cambiare né se stesso né la situazione.
Nel lamento, infatti, si attribuisce la colpa sempre agli altri o al destino e non si percepisce nulla di positivo.
Utilizzando questo modo per comunicare il proprio malessere, non ci si rende conto che si contribuisce in prima persona ad alimentare uno status quo di tristezza.
Nel lamento, non solo ci si sente vittima della situazione, ma soprattutto impotenti e incapaci di affrontare il cambiamento, mettendo a dura prova l’autostima.
Pur raccontando una storia, colui che si lamenta non condivide le emozioni sottese, nè tantomeno riflette sulla possibilità di miglioramento. Crea, al contrario, un modo per presentarsi esclusivamente come bersaglio degli altri o della sfortuna.
Il lamento finisce, inoltre, per logorare il pensiero e le azioni di chi lo utilizza, portandolo anche all’isolamento sociale.
Di fronte alla continua sfiducia e ostinazione, anche i familiari o gli amici tenderanno ad allontanarsi da una fonte di negatività, imparando a preservare se stessi.
Non mettetemi accanto a chi si lamenta senza mai alzare lo sguardo, a chi non sa dire grazie, a chi non sa più accorgersi di un tramonto. Chiudo gli occhi. Mi scosto di un passo. Sono altro, sono altrove.(Alda Merini)