IL PASSAPAROLA E IL SUO EFFETTO SUI BRAND

Numerosi ricercatori hanno studiato il ruolo del passaparola nelle comunicazioni di massa. Si parla sempre più spesso di word of mouth (WOM), di cui sono state date numerose definizioni. 

La Word of Mouth Association definisce il passaparola come l’azione compiuta dai consumatori che forniscono informazioni ad altri consumatori. 

Si tratta, quindi, di una forma di comunicazione personale che riguardare un prodotto/servizio/brand che coinvolge soggetti che non hanno legami con l’azienda. Può essere trasmesso sia offline sia online; in questo secondo caso si parla di electronic word of mouth (eWOM).

Esistono due tipi diversi di passaparola:
  1. Positivo: è una forma di comunicazione interpersonale tra consumatori a proposito di un prodotto/servizio/brand che prende la forma di un consiglio o di una raccomandazione a seguito di un’esperienza recente piacevole
  2. Negativo: assume la forma di denigrazione o consiglio contro l’offerta di un’azienda in relazione a un’esperienza spiacevole

Il passaparola positivo non ha lo stesso peso di quello negativo. Si dice che quello negativo è 10 volte più impattante rispetto a quello positivo. 

Esistono alcuni bisogni latenti alla base del desiderio delle persone di parlare di un certo prodotto/servizio.

Ad esempio, il desiderio di guadagnare lo status di esperto davanti ai pari oppure il desiderio di esprimere se stessi. Secondo la Teoria del Sé Esteso di Blek, infatti, gli oggetti che possediamo diventano un’estensione del nostro sé. Questo vale anche per i brand. I brand che scegliamo, infatti, contribuiscono a costruire e definire la nostra identità.

Proseguendo, il passaparola viene usato per ridurre eventuali tensioni psicologiche e sensazioni spiacevoli che possono derivare da dubbi o ripensamenti sul proprio acquisto.

Entrando nello specifico, il WOM negativo si genera perché è un modo per sfogare la frustrazione dettata dalla mancata soddisfazione del prodotto. Quello positivo, invece, ad oggi viene generato quando un consumatore non è solamente soddisfatto, ma quando rimane estasiato dall’esperienza avuta con quel determinato prodotto/servizio/brand.

Fino a poco tempo fa, i ricercatori hanno sostenuto l’idea di una diffusione lineare del passaparola.

Secondo questa prospettiva, il WOM si concentra sugli scambi che avvengono nelle relazioni a due in cui una persona rappresenta la fonte e l’altra il destinatario. 

Questa, però, si tratta di una visione semplicistica e ridotta in quanto chi riceve consigli può dare a sua volta feedback, che possono modificare il modo con cui l’interlocutore avanza suggerimenti.

Un altro elemento da tenere in considerazione è la transitività dei legami. 

Dal momento che gli amici di una persona sono spesso amici tra di loro, è molto probabile che questi parlino di argomenti simili. Questo porta alcune persone della stessa rete a essere esposte più volte alle stesse informazioni. Dunque, si può sovrastimare il numero di persone raggiunte.

Infine, parlando del passaparola online, i modelli unidirezionali non sono in grado di spiegarlo in quanto non tengono conto del fatto che le informazioni circolano in una rete complessa caratterizzata  da numerosi legami interpersonali e da una forma di trasmissione delle informazioni bidirezionali.

Grazie all’evoluzione di Internet, oggi si parla di “effetto megafono”, cioè della possibilità di far sentire la propria voce a un’audience di massa. 

In conclusione, possiamo affermare che la componente essenziale del passaparola è la fiducia, soprattutto nella società odierna in cui lo scetticismo nei confronti dell’informazione mediatica è molto forte.

Dunque, al giorno d’oggi per un brand risulta fondamentale curare ciò che viene detto di positivo e/o negativo circa i propri prodotti e servizi.
BIBLIOGRAFIA:

Kimmel, A.J. (2018). Psychological foundations of marketing. The key to consumer behavior. Londra: Routledge