Il Perdono: come agisce su di noi?

Riduce i livelli di stress e fa molto di più: ecco tutti I benefici del perdono.

perdono: come agisce su di noi

Da una ricerca della BBC e da un’analisi di vari studi internazionali sull’atto di perdonare, emergono risultati interessanti: il perdono fa bene, riduce in modo significativo i livelli di stress, contribuisce a prevenire il declino cognitivo in età avanzata e persino ad aumentare il livello di felicità di chi lo pratica. Insomma, al di là della popolare interpretazione del perdono, ci sono evidenze scientifiche della potenza di questo atto sul nostro benessere quotidiano.

Che diciamo “io ti perdono” a qualcuno, o che semplicemente lo pensiamo e agiamo di conseguenza, i benefici sono notevoli: sia per chi perdona sia per chi riceve il perdono. E se anche la persona che ci ha offesi non mostra alcun rimorso o dispiacere, il solo fatto di perdonarla apre nuove possibilità di vivere meglio.

Il perdono è un valore in moltissime culture, filosofie e religioni, con modalità, rituali e formule linguistiche differenti nei diversi idiomi del mondo, che danno al perdono connotazioni precise e sofisticate, arricchendolo di significati allargati, legati anche alla posizione della persona nel contesto socio-culturale cui appartiene.

Anche la struttura psicologica dell’individuo contribuisce alle peculiari modalità ed effetti del perdono.

Ma quali sono i motivi per cui perdoniamo?

Nelle culture occidentali, più individualistiche, in cui le persone tendono a mettere per primi i propri bisogni e vantaggi rispetto a quelli del gruppo, perdonare è frequentemente un modo per alleggerirsi di un peso, per liberare la coscienza da un sentimento negativo di risentimento verso colui che ci ha offeso e per fare la cosa giusta rispetto alle proprie aspettative interne.  

Nelle culture asiatiche e africane, più collettiviste, perdonare serve a riportare armonia nel gruppo e, anche quando la persona offesa non è completamente convinta di essere pronta a perdonare, il rituale del perdono è sostenuto e rinforzato dal gruppo.

In qualche modo, la semplice decisione di perdonare aiuta emotivamente a sostenere con sé stessi le ragioni del perdono e a renderlo reale.

In pratica, nel momento in cui dichiariamo la nostra intenzione di perdonare, la condividiamo con altri e iniziamo a comportarci di conseguenza, siamo naturalmente portati a rispettare l’impegno, per evitare lo stress e la fatica di mantenere una posizione interna contrastante con quanto affermato pubblicamente.

Per ottenere tutte le opportunità che il perdono porta con sé si può quindi agire prima di essere convinti: anche se non siamo completamente pronti, metteremo così in moto una serie di meccanismi mentali, tra cui la dissonanza cognitiva, che aiutano a conciliare più velocemente la nostra decisione con le nostre emozioni.

In sintesi: per sano egoismo, alleniamoci a perdonare più frequentemente.

È una pratica che elimina scorie e ruminazioni e migliorerà anche il clima generale di questo tempo di ripresa, in cui nel mondo si moltiplicano le iniziative di analisi e condivisione delle esperienze emotive a tutti i livelli.

Ho appena seguito un evento internazionale sulla felicità, organizzato da The Atlantic, e avuto occasione di discutere delle pratiche quotidiane di felicità da coltivare. La propensione a lasciar andare, a minimizzare, a ridimensionare è una delle più citate dai partecipanti e andrebbe esercitata ogni giorno: come pratica igienica per la mente, da eseguire spesso, un po’ come lavarsi i denti.

Al di là della retorica e del buonismo, è un’azione che fa bene alla nostra salute, prove scientifiche alla mano: se avete qualcuno cui perdonare qualcosa, oggi è un buon momento per attivarsi.