Il ruolo dello psicologo all’interno di eventi traumatici

di Lucia Fiengo

ruolo psicologo all'interno di eventi traumatici

Cosa accade quando in una domenica qualunque di bel tempo, in una giornata primaverile, dopo un lungo blocco alla vita sociale a causa della pandemia da SARS- Cov-2 si torna a trascorrere un po’ di tempo fuori casa, si prende una funivia e una cabina tragicamente precipita nel vuoto? Cosa accade quando in un giorno pieno di pioggia, che precede il ferragosto, crolla un ponte dove a viaggiare ci sono famiglie dirette verso il mare, lavoratori che si avvicinano speranzosi alle vacanze, giovani pieni di sogni che hanno intenzione di intraprendere giorni di spensieratezza? Cosa accade a queste vite spezzate? Cosa accade, soprattutto, a chi sopravvive? Cosa accade a chi vede queste scene in TV e riconosce l’auto del compagno o associa che il proprio figlio sarebbe dovuto essere lì, nella stessa frazione di secondi in cui è accaduto quel disastro? 

In queste situazioni, il vero protagonista è il trauma, inteso da  Krystal come “il trauma psichico catastrofico”, ovvero “una resa a ciò che viene vissuto come un pericolo inevitabile di origine esterna o interna. È la realtà psichica della resa a ciò che viene vissuto come una situazione intollerabile senza via d’uscita che fa sì che si abbandonino le attività che salvaguardano la vita”(Krystal, 2007, p. 200).

Disastri naturali, come il terremoto dell’Irpinia degli anni ’80 o quello dell’Aquila del 2009, oppure incidenti più recenti, come il crollo del Ponte Morandi a Genova o il recente evento che vede coinvolta la Funivia Mottarone, chiamano all’opera diverse professionalità, e più nello specifico in ambito psicologico, gli psicologi dell’Emergenza.

A seguito di un evento traumatico, diversamente da un evento stressante, l’equilibrio individuale viene minato e risulta molto più complesso ristrutturarlo; laddove si è in grado di ripristinare un nuovo equilibrio sarà in ogni caso differente da quello che precedeva l’evento traumatico, avendo nuovi confini e nuovi significati (Robert, 1995).

La Psicologia dell’Emergenza viene definita come la ricerca e l’applicazione delle conoscenze psicologiche nei contesti di emergenza. Essa si occupa principalmente di studiare le reazioni umane nei contesti avversi, di promuovere la salute mentale e di rafforzare le competenze psicosociali prima che tali circostanze siano avvenute e dopo il loro accadimento (Pietrantoni & Prati, 2009). Gli psicologi formati alla gestione dell’emergenza hanno come obiettivo quello di arginare potenziali ripercussioni a lungo termine, attraverso una serie di misure che più ritengono pertinenti alla specifica situazione.

Nelle ultime settimane, la maggior parte dei giornali e telegiornali hanno mantenuto il focus sull’unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone: Eitan, un bambino di 5 anni, che vede la sua famiglia distrutta, a causa di una tragica fatalità. Fondamentale in questa circostanza, come in tutte le circostanze che sfociano in eventi traumatici, è l’operato dello/a psicologo/a. Con chi o cosa si interfaccia uno psicologo al fine di contenere le conseguenze traumatiche di un evento di tale portata? 

 Un possibile intervento, che vede attivamente coinvolto lo psicologo, è attuabile all’interno dell’ecosistema sociale del bambino coinvolgendo la famiglia, più specificamente quei familiari che si prenderanno cura del bambino, i quali si trovano, anche loro a fronteggiare il trauma, seppur in modo differente; affrontare temi esistenziali, adattando lo stile comunicativo più appropriato all’età del bambino, può essere utile al fine di implementare strategie di coping utili (Kapor & Stanulovic, 2005). Altro possibile intervento, può essere identificato in quello che Pynoos ed Eth (1986), hanno definito come “intervista terapeutica”, dove in apertura lo psicologo si mostra disponibile ad ascoltare il piccolo, coinvolgendolo in attività come il disegno libero oppure in attività ludiche e successivamente spronarlo a dare una spiegazione; in un secondo momento, aiutare il bambino a ricostruire l’esperienza vissuta e tutto ciò che ricorda appartenere a questa, individuando le strategie più adeguate alla situazione; infine chiudere con materiali che emergono dall’incontro, come il gioco oppure il disegno,enfatizzando che le reazioni del bambino sono normali e prevedibili.

A prescindere dal tipo, lo psicologo dovrà sviluppare un intervento capace di riadattare il soggetto ad una nuova realtà, ricomponendola in maniera differente rispetto al passato.

BIBLIOGRAFIA

Kapor, N., & Stanulovic, N. (2005). Psicologia dell’emergenza. L’intervento con i bambini e gli adolescenti. Carocci, Roma.

Krystal, H. (2007). Affetto, trauma, alessitemia. Astrolabio ed., Roma.

Pietrantoni, L., & Prati, G. (2009). Resilienza tra i primi soccorritori. Resilienza tra i primi soccorritori , 1000-1019.

Pynoos, RS, & Eth, S. (1986). Testimone di violenza: l’intervista al bambino. Journal of the American Academy of Child Psychiatry , 25 (3), 306-319.

Roberts, A. R. (1995). Crisis intervention and time-limited cognitive treatment. Sage.