IL TRANSFERT E CONTROTRANSFERT

Di Alberta Casella

scientific 1-23

Con questo articolo ed i l successivo intendiamo spiegare i termini e l e dinamiche del concetto psicologico di transfert e controtransfert, parole ormai di uso comune ma con un significato molto preciso e complesso, oggetto di ricerca e di dibattito sin dagli esordi della psicoanalisi classica.

Questi due meccanismi psichici sono nella normalità dei rapporti interpersonali: s e m p r e , q u a n d o c i confrontiamo con a l t r e p e r s o n e , t e n d i a m o a d attribuirgli caratteristiche di altri personaggi che hanno popolato la nostra vita ed h a n n o a v u t o r a p p o r t i significativi con noi. Tuttavia, lo specificarli all’interno della terapia psicologica può essere utile per comprenderne il funzionamento, l’utilità ed i limiti. Tutto ciò che avviene in un incontro psicologico si basa e si costruisce sull’interazione dinamica del mondo interno, o per dirla con le parole di Matte-Blanco, degli “infiniti mondi interni” del terapeuta e del paziente. Il transfert si traduce nella riattualizzazione di dinamiche affettive arcaiche c h e s i p r o i e t t a n o s u l terapeuta; il terapeuta, d’altro canto, prova sent iment i controtransferali nel momento in cui inizia a percepire s e n s a z i o n i , e m o z i o n i spontanee nei riguardi del paziente. Tal i meccanismi si basano sull’analisi del gioco di proiezioni ed identificazioni c h e a v v e n g o n o reciprocamente in seduta tra i due soggetti interagenti: “transfert e controtransfert sono dinamismi che derivano d a l l ’ a t t i t u d i n e all’identificazione ed alla proiezione”. Sottolineamo, al fine di chiarire in prima istanza la natura di tali meccanismi, che il processo avviene da parte del paziente in maniera del tutto inconscia, inconsapevole; tale inconsapevolezza è s p o n t a n e a a n c h e n e l terapeuta, ma la presa di coscienza di questi sentimenti può essere una delle chiavi di soluzione del processo di cura. Rispetto ai rapporti quotidiani, ciò che distingue tali processi nel percorso terapeutico è la loro intensità, ovvero la forza con cui essi e m e r g o n o e s i f a n n o conduttori dell’interazione tra paziente e terapeuta: infine, la possibilità di essere sfruttati come fattori di cura li rende i n d i s p e n s a b i l i p e r l a comprensione e la conduzione del caso.

N e l c a m p o d e l l a relazione, ognuno porta con sé sentimenti specifici legati alla propria storia e tenta di spiegarsi all’altro attraverso parole e sensazioni. P e r p r i m o F r e u d riconobbe quale strumento f o n d a m e n t a l e p e r l a conduzione del l ’anal isi i l transfert, distinguendolo in positivo e negativo. I n q u e l l o p o s i t i v o distinse, poi, un movimento di desideri affettuosi, accettabili c o n s c i a m e n t e e d u n t rasfer iment o di car iche libidiche più intense, a scopo e r o t i c o , d i f fi c i l m e n t e accettabili. Per la teor ia del la sublimazione, poi, risulta facile comprendere come il transfert positivo attenuato a l t r o n o n è c h e l a trasposizione del conscio di desideri trasformati. Secondo la definizione di Laplanche-Pontalis, la sublimazione è un processo “postulato per spiegare certe a t t i v i t à u m a n e a p p a r e n t eme n t e s e n z a rapporto con la sessualità, ma che avrebbero la loro forza nella pulsione sessuale. La pulsione è detta sublimata quando è deviata verso una nuova meta non sessuale e t e n d e v e r s o o g g e t t i socialmente accettabili”. In tutta la teorizzazione freudiana ritorna tale concetto per la spiegazione economica e d i n a m i c a d i m o l t i comportamenti umani ma, tuttavia, esso rimane sempre poco delimitato e poco chiaro. F r e u d t e o r i z z a i l processo di sublimazione come meccanismo della psiche umana necessario per tollerare pulsioni altrimenti troppo dannose e potenti; la concepisce come mossa almeno da due meccanismi f o n d a m e n t a l i , a u t o c o n s e r v a z i o n e e narcisismo, che inducono il soggetto a liberarsi di pulsioni destabilizzanti, trasformandole in sensazioni più tollerabili. In ogni tipo di transfert, comunque, Freud riconobbe la riedizione delle dinamiche di relazione infantile con i g e n i t o r i , t r a s f e r i t e inconsciamente sull’analista. I genitori stessi, che non sono sicuramente quelli reali ma imago intere di essi, vivono, quindi, nella relazione terapeutica come se fossero presenti qui ed ora e l’analisi di tali rapporti riattualizzati può portare proficue informazioni s u i m o d e l l i r e l a z i o n a l i interiorizzati dal paziente. In conclusione egli, comunque, afferma l’esistenza e l’importanza della dinamica transferale mentre è molto c a u t o n e l l ’ a s s e r i r e l ’ i m p o r t a n z a d e l controtransfert; fino al caso di Dora, egli tenta di ignorare questa emozione, perché in n e t t o c o n t r a s t o con l a neutralità dell’ascolto che lui promuove come regola f o n d a m e n t a l e p e r l a conduzione di un’analisi di successo. Ancora, nel 1912, avverte della necessità di una c u r a i n d i v i d u a l e prima d’iniziare la professione per evitare di essere coinvolto in relazioni con il paziente che potessero disturbare l o svolgimento della terapia: il controtransfert “prende, infatti, il significato di reazione e m o t i v a p a t o l o g i c a d e l l ’ a n a l i s t a , c h e ostacolerebbe i l normale svolgimento dell’analisi e richiederebbe un unico modo di affrontarlo, ossia farsi ulteriormente analizzare”. Successivamente alla teorizzazione freudiana, si è dato sempre più interesse a questi temi cercandone la s p i e g a z i o n e e l ’ u t i l i t à terapeutica. Negli anni Venti, solo Ferenczi utilizza una tecnica molto simile all’analisi del controtransfert con pazienti che non miglioravano con la tecnica classica: egli tenta di parlare loro apertamente utilizzando come supporto alle sue parole le reazioni emotive c h e i p a z i e n t i s t e s s i suscitavano in lui. La sua tecnica, poi, è seguita dai Balint, che nel 1937 teorizzano i movimenti controtransferali del terapeuta come normali e non patologici affermando che tutti, terapeuti compresi, hanno sentimenti ed emozioni intorno alle persone con cui si relazionano. M a n m a n o , c o n l’evolvere delle teorie e degli studi di tecnica, lo studio del controtransfert si è ampliato. Molti sostengono che sia improprio ed inopportuno usare il termine controtransfert in quanto si dà ad esso, implicitamente, un’accezione negativa; affermano sia meglio u s a r e l a p i ù mo d e r n a accezione d i “ t r a n s f e r t dell’analista”, anche se con essa si nota meno il carattere complementare dei due movimenti dinamici. Grazie soprattutto ai c o n t r i b u t i d e l l a scuola kleiniana, si è iniziato ad indagarne l’uso in terapia ed a sostenere che esso può essere uno tra i più efficaci strumenti terapeutici, sia perché fornisce elementi sensoriali sul paziente, sia perché dà un nuovo spessore di vitalità alla figura del terapeuta, libero finalmente di poter comunicare con i l paziente, rispetto alle troppo rigide regole d’astinenza e c o n t r o l l o i m p o s t e dall’insegnamento freudiano. Con l’affermarsi di una tale risposta affettiva del terapeuta, finalmente si riconosce l’attività interattiva dei due soggetti in seduta che riescono a scambiarsi non più solo parole vuote, ma caricate densamente d i t o n a l i t à affettive ed emozionali.

Con il controtransfert, l’analista si mette in sintonia con il mondo del paziente, percependo, sulla base di sensazioni ed emozioni, qualcosa in più oltre le parole, q u a l c o s a c h e p o s s a spiegargli, meglio di un r a c c o n t o s c r i t t o , c o s a veramente il paziente sta cercando nell’analisi, cosa tenta di ritrovare, ripetere, rinnovare e quale modello di r e l a z i o n e f a m i l i a r e s t a riproponendo.

all’individuo sin dalla sua età neonatale. Essa va nominata a pieno titolo come meccanismo necessario nell’instaurarsi di ogni relazione umana ed, a maggior ragione, quindi, di ogni relazione terapeutica: è c i ò che c i permette d i comunicare, una facoltà di collegamento con l’altro di cui siamo tutti portatori. Ritornando all’analisi dell’evoluzione della teoria sul controtransfert, essa si è evoluta di pari passo con la tecnica psicoterapeutica che ha riportato in primo piano l’importanza del suo uso come strumento per comunicare con il mondo interno del paziente sulla base delle emozioni del terapeuta. Winnicott, con il suo articolo del 1947[1], ricorda il possibile uso proficuo del controtransfert nell’analisi, ma mette contemporaneamente in guardia dal cadere in forme patologiche controtransferali che possano inficiare la validità dei dati raccolti in analisi: per evitare errori di tal genere, il terapeuta deve sempre essere consapevole dei sentimenti che prova per il paziente e deve, quindi, sempre porsi in autoanalisi per utilizzarli costantemente nel suo lavoro. Inoltre, Winnicott ha avvalorato l’ipotesi che sia possibile provare anche il sentimento controtransferale dell’odio, rendendo necessario mantenere un atteggiamento professionale con tutta la sua difficoltà. Ancora una volta, in tal compito può essere valido strumento l ’ a n a l i s i d e l terapeuta per aumentare la sua stessa stabilità e, al contempo, restare vulnerabile per essere permeabile alle sensazioni provenienti dal paziente. Winnicott descrive tale situazione come un “lavorare dietro una distanza costruita” al fine di ottenere la giusta dose di coinvolgimento e distacco. S u c c e s s i v a m e n t e , l’articolo di Paula Heimann del 1950 chiarisce le possibilità d’uso del controtransfert nella pratica psicoterapeutica, contraddicendo l’opinione freudiana che imponeva un rigido autocontrollo. Per lei, i sentimenti dell’analista verso il paziente possono divenire un efficace s t r u m e n t o d i l a v o r o , permettendogli di andare oltre la comunicazione verbale. Ella si fa promotrice, della tecnica psicoterapeutica controtransferale, fermo restando il presupposto di base secondo cui il terapeuta deve essere consapevole delle risposte emotive che può avere nei confronti del paziente e deve essere preparato ad accettarle ed ad analizzarle ai fini della cura.

Bibliografia

MATTE BLANCO I. (1975): L’Inconscio come Insiemi Infiniti. Saggio sulla Bi-logica, Einaudi, Torino, 1981

VITOLO A.: Le Psicoterapie, Il Saggiatore, Milano, 1997, p. 83

FREUD S. (1912): Dinamica della Translazione, in Opere, vol. VI

LAPLANCHE-PONTAL I S (1967): Enciclopedia della Psicoanalisi, Laterza, Roma Bari, 1984, p. 587

FREUD S. (1922): L’Io e l’Es in La Teoria Psicoanalitica, op. cit. p.300

BALINT M. e A. (1937): Transfert e Controtransfert in L’Analisi Didattica, Guaraldi, Rimini, 1974

WINNICOTT D. (1947): L’Odio nel Controtransfert in Dalla Pediiatria alla Psicoanalisi, (1958) Martinelli, Firenze, 1975

WINNICOTT D. (1970): S v i l u p p o A f f e t t i v o e d Ambiente, Armando, Roma, 1995, p. 204 HEIMANN P. (1950): I l Controtransfert in Bambini e non più Bambini, (1989), Borla, Roma, 1992

[1]WINNICOTT D. (1947): L’Odio nel Controtransfert in Dalla Pediiatria alla Psicoanalisi, (1958) Martinelli, Firenze, 1975