Immagine Corporea e Dismorfofobia

di Cinzia Saponara

Immagine Corporea e Dismorfofobia

Premessa

“Immagine di sé e schema corporeo” è il primo e più completo scritto sul problema della percezione e della rappresentazione del nostro corpo, risale al 1935 ad opera dello psichiatra e psicoanalista Paul Schilder, troviamo qui la prima definizione del concetto di immagine corporea:

“L’immagine corporea è l’immagine e l’apparenza del corpo umano che ci formiamo nella mente, e cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare.”

 L’opera di Paul Schilder costituisce un vero e proprio spartiacque negli studi sullo schema corporeo, prima di lui la percezione corporea veniva ricondotta interamente alla sfera del fisiologico. Schilder fu il primo che, in maniera sistematica e dettagliata, mise in evidenza la rilevanza dei fattori psicologici e sociali nella costituzione e disgregazione dell’immagine corporea. Un’altra caratteristica fondamentale del concetto schilderiano è l’importanza che in esso riveste il fattore visivo e rappresentazionale. Lo psicoanalista austriaco, infatti, considera il corpo proprio dal punto di vista visivo, non dissimile dagli altri oggetti della percezione. Non solo ciascun individuo se lo rappresenta come tale, ma anche la percezione tattile si adegua a tale visione. Essa imposta «un punto di osservazione mentale di fronte e di fuori di noi e ci osserviamo come osserveremmo un estraneo». Più recentemente, Peter Slade (1988) definisce l’immagine corporea:

“L’immagine che abbiamo nella nostra mente della forma, dimensione, taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e rispetto alle singole parti del nostro corpo”.

Secondo Slade (1994), l’immagine corporea è costituita da diverse componenti: percettiva (ad esempio, come la persona visualizza la taglia e la forma del proprio corpo); attitudinale (quello che la persona pensa e conosce del proprio corpo); affettiva (i sentimenti che la persona nutre verso il proprio corpo); comportamentale (riguardante, ad esempio, l’alimentazione e l’attività fisica).

Quindi l’immagine corporea riguarda la persona nella sua globalità, la rappresentazione che abbiamo di noi stessi, è fortemente influenzata dai nostri stati interni e i suoi effetti possono essere rilevanti e complessi. Le emozioni, quindi, rendono questa rappresentazione mentale positiva o negativa. Inoltre, l’immagine corporea è influenzata da schemi precoci che si generano da quando si è molto piccoli nell’interazione con le figure di accudimento.

In sintesi: L’immagine corporea è un costrutto multidimensionale caratterizzato dalle percezioni e valutazioni dell’individuo in merito al proprio aspetto fisico (Cash e Pruzinsky, 2002).

Essa non è una struttura innata e preformata, fissa e statica, ma “è una struttura del nostro essere altamente dinamica, dipendente dalla maturazione del sistema nervoso, dai vissuti psico-emotivi, dal livello di percezione senso-motoria, dai processi resi possibili dall’esperienza e dal continuo apprendimento motorio e posturale; essa opera sia a livello della coscienza sia al di fuori della nostra consapevolezza, nel privato e nello spazio sociale”.

Con la pubertà e successivamente l’adolescenza, il corpo è soggetto. Esso va incontro a diversi, continui e rapidi cambiamenti, alcuni solo momentanei. Tali “modificazioni” possono contribuire ad una maggiore difficoltà nell’accettazione di sé. Questa situazione di maggiore vulnerabilità dal punto di vista emotivo e psicologico può far sì che si provi un maggiore disagio; l’ambiente, l’interazione con i coetanei e anche la famiglia possono condizionarne lo sviluppo. In questa fase, infatti, si è maggiormente sensibili al giudizio altrui, e si va creando un’ideale del proprio corpo che risente dell’influenza di standard di bellezza e idealizzazione corporea guidati dai social media, e dal confronto con i propri pari.

In base alla più recente revisione del Manuale Diagnostico Statistico delle Malattie psichiatriche (DSM-5), il disturbo di dismorfismo corporeo (Body Dismorphic Disorder [BDD]) fa parte dello spettro del “Disturbo ossessivo compulsivo e disturbi correlati”, l’esordio può avvenire fra i 10 e i 20 anni, è solitamente graduale e può diventare cronico se non trattato, ha una prevalenza dell’1,7-2,4% nella popolazione generale (Lai et al., 2010) , è caratterizzato da una preoccupazione per un difetto immaginario del proprio aspetto che causa disagio significativo o una compromissione funzionale (cioè una condizione di salute in cui una o più delle normali funzioni fisiologiche sono compromesse). Qualsiasi parte del corpo può essere oggetto del Disturbo da Dismorfismo Corporeo, ma le preoccupazioni riguardano spesso uno o più aspetti visibili, del viso o del corpo (Mulkens & Jansen, 2006). Le persone che ne soffrono tendono a esaminare e modificare in modo ossessivo la particolare parte del corpo (Lai et al., 2010).

Questi i criteri diagnostici e per emettere una diagnosi differenziale specifica:

  • Preoccupazione nei confronti di uno o più difetti fisici non oggettivamente rilevabili o trascurabili da parte di altre persone;
  • Adozione di comportamenti ripetitivi o rituali (guardarsi allo specchio, toccare la parte difettosa, ricercare rassicurazione ecc.) o atteggiamenti mentali (pensieri ossessivi, costante confronto con gli altri, convinzione di essere osservato e giudicato ecc.) in risposta alla preoccupazione per il difetto fisico;
  • Forte stress, ansia e calo del tono dell’umore causati dalla persistente preoccupazione per il difetto fisico;
  • Difetto fisico oggetto della preoccupazione diverso dal peso corporeo/massa grassa (in questo caso, è probabile la presenza di un disturbo del comportamento alimentare);
  • La consapevolezza che il difetto lamentato sia in realtà minimo o inesistente può essere nulla, parziale o elevata, ma ciò non incide sul grado di penetrazione dei pensieri/comportamenti ossessivi nella vita quotidiana.

L’eziologia del disturbo da dismorfismo corporeo è più verosimilmente complessa e difficile; come suggerì lo psichiatra Olley: “le motivazioni sono diverse e una spiegazione unitaria è del tutto improbabile”. I disturbi legati all’immagine corporea portano con sé sintomi specifici: dai comportamenti ripetitivi di evitamento e/o controllo, a pensieri di tipo rimuginativo, alle distorsioni percettive nonché uno scarso insight della problematica. Il disturbo da dismorfismo corporeo può portare ad una disfunzione sociale ed occupazionale così come ad inutili e ripetuti interventi di chirurgia estetica.

Le lamentele possono riguardare qualsiasi parte del corpo, le più frequenti sono:

  • pelle;
  • peli e capelli;
  • naso e occhi;
  • gambe e ginocchia;
  • mammelle e capezzoli;
  • pancia, labbra, struttura corporea e volto;
  • organi genitali, guance, denti ed orecchie;
  • mani, dita, braccia e gomiti;
  • natiche e piedi;
  • spalle, collo e sopracciglia.

La persona può preoccuparsi di un unico difetto fisico o riportare preoccupazione per più parti del corpo contemporaneamente.

Il pensiero pervasivo del difetto fisico, il timore del giudizio altrui e le pratiche ripetute in maniera ossessiva per cercare di eliminarlo si traducono in una seria compromissione della qualità della vita, delle relazioni interpersonali, delle prestazioni, nello studio e/o nel lavoro; il tono dell’umore e l’autostima, generalmente già bassi, ne risentono ulteriormente portando i soggetti ad una vera e propria depressione, mentre gli eventuali tentativi di eliminare il difetto il cui esito non viene mai ritenuto sufficientemente soddisfacente, generano sentimenti di frustrazione ed ansia. Spesso, infatti, la soddisfazione per il proprio aspetto estetico e l’incremento dell’autostima successive all’intervento sono temporanee o assenti e la preoccupazione e l’insoddisfazione per il proprio aspetto esteriore possono ritornare ad investire la parte già operata oppure spostarsi per concentrarsi in un’altra parte del corpo tant’è vero che al riemergere di queste emozioni negative, la persona ricorre nuovamente alla chirurgia e il ciclo continua fino alle conseguenze più estreme.

Negli ultimi anni molti professionisti nell’ambito dell’estetica, come dermatologi e chirurghi plastici, hanno assistito ad un aumento di richieste di interventi. A loro parere questo fenomeno è dovuto alla continua esposizione delle nostre immagini, continuamente postate e condivise su social e app, ma anche all’abitudine di modificarle che sta provocando, nuove forme di dismorfia (Ramphul e Mejias, 2018; Pfund et al, 2020), si parla di “Snapchat dysmorphia” o “Instagram dysmorphia” o più in generale “selfie dysmorphia” o” filter dysmorphia”. Invece ci si riferisce a “Zoom dysmorphia” quando il disagio è relativo alla propria immagine nelle videochiamate (Ramphul e Mejias, 2018), diventate la forma principale di comunicazione per lavoro, scuola e socializzazione soprattutto durante e dopo la pandemia.

Spesso le richieste sono legate alla propria immagine digitale: addirittura, molti richiedono trattamenti che li facciano somigliare alle loro foto modificate con i filtri delle app. Quando entriamo nell’ambito dei social media parliamo di una marea di filtri e applicazioni a disposizione di tutti, senza contare che possiamo ricevere feedback positivi o negativi immediati, cosa che ci porta ancora di più a prestare molta attenzione a rivedere e a rifinire ogni dettaglio. Questi filtri consentono praticamente ogni tipo di modifica: sbiancare i denti, ingrandire gli occhi, eliminare le rughe, cambiare il colore della pelle, etc…

Si può pubblicare un’immagine di sé ottimizzata, curata, in alcuni casi irrealistica: si finisce col condividere l’immagine desiderata, il sé ideale, più che il riflesso reale di sé stessi (Tiggemann e Barbato, 2018; Rajanala e Maymone, 2018; Jiotsa et al, 2021).

CONCLUSIONI

Il disturbo da dismorfismo corporeo (DDC) è una grave e invalidante condizione di salute mentale caratterizzata da uno stato di disagio profondo ed intenso e da tutta una serie di sintomi legati alle preoccupazioni dell’immagine corporea, come ad esempio pensieri intrusivi ricorrenti sulle deformazioni percepite oppure difetti nell’aspetto fisico. La prevalenza del disturbo da dismorfismo corporeo è stimata su circa il 2% della popolazione generale anche se tra le persone che ricorrono alla chirurgia estetica è stata riportata una percentuale del 15.6% (Buhlmann et al., 2010). Sebbene più comuni rispetto ad altre gravi condizioni di salute mentale, come ad esempio la schizofrenia e l’anoressia nervosa che variano in prevalenza da 0.5 a 1% (Buhlmann U., Glaesmer H., Mewes R., Fama J. M., Wilhelm S., Brähler E. & Rief W. (2010). “Updates on the prevalence of body dysmorphic disorder: a population-based survey.” Psychiatry research,) della popolazione generale, il DDC rimane spesso poco riconosciuto nella pratica clinica e la sua associazione con altre gravi condizioni di salute mentale, inclusa l’ideazione suicidaria ed i tentativi di suicidio, ha ricevuto scarsa attenzione dalla ricerca. Un numero di studi ha dimostrato che i pazienti con DDC sono a rischio particolarmente elevato di sperimentare il suicidio, per esempio, le stime di prevalenza dei tentativi di suicidio nelle persone con disturbo da dismorfismo corporeo sono state riportate come il 7.2%. La prevalenza di tali tentativi nella popolazione generale è stata documentata come il 2.7% in tutto il mondo e nei soggetti con disturbi d’ansia e la schizofrenia come rispettivamente il 3.4% ed il 10.9%. Come sappiamo il DDC è accompagnato da gradi molto elevati di angoscia psicologica, disperazione e sentimenti di imbarazzo, vergogna o sconforto collegato all’apparenza e all’immagine corporea; di conseguenza, le persone con tale disturbo spesso si sentono socialmente ansiose e tendono ad allontanarsi dalle interazioni sociali o addirittura evitarle completamente. Come professionisti della salute mentale siamo chiamati a saper riconoscere i sintomi di disagio per la propria immagine corporea assicurando così al paziente supporto, aiuto e comprensione del problema, soprattutto prima di eseguire qualsiasi procedura chirurgica. Inoltre, credo che bisognerebbe lavorare sul piano del macrosistema promuovendo codici di condotta che possano regolare alcuni comportamenti di aziende ed istituzioni che sono seriamente rischiosi per possibili sviluppi di disturbi dell’immagine corporea e del comportamento alimentare, con lo scopo principale di influenzare la diffusione e l’uso di immagini maschili e femminili più aderenti alla realtà e per questo più sani.

BIBLIOGRAFIA

  • American Psychiatric Association (2014). “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM 5”. Milano: Cortina, 2014;
  • Buhlmann U., Glaesmer H., Mewes R., Fama J. M., Wilhelm S., Brähler E. & Rief W. (2010). “Updates on the prevalence of body dysmorphic disorder: a population-based survey.” Psychiatry research;
  • Cash e Pruzinsky, (2002) “Immagine corporea: un manuale di teoria, ricerca e pratica clinica” Ed. Guilford Press;
  • Lai, C.-S., Lee, S.-S., Yeh, Y.- C., & Chen, C.-S. (2010). “Body Dysmorphic Disorder in Patients With Cosmetic Surgery”. The Kaohsiung Journal of Medical Sciences;
  • Mulkens & Jansen, (2006) “Sovrappeso e obesità: il significato di uno stato d’animo depresso” Patient Education and Counseling 62 Olley: P. C: “Psychiatric aspects of referral.” Br Med J 1974; 3:248-249;
  • Ramphul e Mejias, M., Vashi, N.A. (2018); Is “Snapchat Dysmorphia” a real issue? Cureus;10(3):e2263.
  • Rajanala e Maymone, 2018; Jiotsa et al, 2021 “Selfies‐living in the era of filtered photographs”. JAMA Facial Plastic Surgery;20(6):443‐444;
  • P. Schilder,(1935) “Immagine di sé e schema corporeo”, tr. it. PGreco Edizioni, Milano 2019;
  • Peter Slade (1988) “Body Image in Anorexia Nervosa”, British. Journal of Psychiatry, 153(2), 20-22; Tiggemann e Barbato, 2018, “You look great!”: The effect of viewing appearance‐related Instagram comments on women’s body image. Body Image;27:61‐66.