Interrogare il corpo obeso e sovrappeso per decifrarne il mistero: un approccio multidisciplinare integrato

di Valentina Carretta

da Psicologinews Scientific

obesità

“Se le formiche si mettono d’accordo
possono spostare un
elefante”

(Proverbio del Burkina Faso)

L’obesità(1) e il sovrappeso, come sottolinea la World Health Organizazion, sono oggi uno dei problemi di salute più evidenti, anche se spesso trascurati. Ci troviamo dinnanzi all’intensificazione di un’epidemia globale di sovrappeso e obesità, certamente aggravata dalla situazione creatasi a causa del Covid, che ha visto tante persone rifugiarsi nel cibo per affrontare questo momento.

L’obesità è diventata ormai un’emergenza sociale, emergenza che però, solo nel 2019, è stata riconosciuta dal Parlamento italiano come patologia c r o n i c a , c o n i l c o n s e g u e n t e stanziamento di specifiche risorse dedicate alla prevenzione e alla terapia.

In Italia contiamo 18 milioni di adulti in sovrappeso e 5 milioni sono invece i soggetti obesi, ovvero una persona su dieci [dati Italian Obesity Barometer Report]. Il dato più allarmante riguarda la popolazione giovanile in quanto siamo il primo paese in Europa per obesi tà infant i le. Mi preme sottolineare questo dato anche in ottica futura atteso che, ben sappiamo, che chi è afflitto da obesità in età giovanile ha maggiori probabilità di soffrirne anche in età adulta. A corollario di ciò, mi permetto di ricordare che un adulto obeso o grandemente obeso è un soggetto generalmente affetto da altre patologie correlate (diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e respiratorie, alcune forme di cancro, problemi articolari, disturbi ginecologici e infertilità, disturbi d’ansia e dell’umore, …) e, unitamente a questo, dobbiamo tenere ben a mente come l’obesità rappresenti ormai la quinta causa di morte più frequente al mondo.

Aspetto scomodo da presentare, ma non per questo poco importante, riguarda l’impatto dell’eccesso ponderale sui bilanci nazionali. Sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità possiamo leggere i seguenti dati OCSE: “In Italia, il sovrappeso rappresenta il 9% della spesa sanitaria, riduce il PIL del 2,8% e, per coprire questi costi, ogni cittadino paga 289,00 euro di tasse supplementari all’anno. Non solo, gli italiani vivono in media 2,7 anni in meno a causa del sovrappeso e, nel mercato del lavoro, la produzione risulta essere inferiore di 571 m i l a l a v o r a t o r i a tempo pieno all’anno.” [1].

Risulta quindi quanto mai chiaro p e r c h é s i a n e c e s s a r i o e imprescindibile, per svariate ragioni, occuparsi di obesità e sovrappeso sia sul versante della prevenzione, sia su quello del trattamento.

Al di là di sovrappeso e obesità: il disagio psicologico

Obesità e sovrappeso spesso n a s c o n d o n o u n d i s t u r b o d e l comportamento alimentare chiamato binge eating disorder (BED) o disturbo da alimentazione incontrollata (DAI), pertanto, occorre effettuare una precisa diagnosi differenziale dinnanzi a queste patologie.

Nella maggior parte dei casi è la figura del nutrizionista, del dietologo, del dietista, ad incontrare per primo il soggetto obeso o sovrappeso che si reca da lui alla ricerca di una dieta, di un piano alimentare, di un regime alimentare controllato, che gli consenta di perdere peso. È proprio in questa fase che si rivela preziosa la sensibilità del professionista che può cogliere, nel particolare modo di alimentarsi di quel s o g g e t t o , s e v i s i a ‘ s o l o ’ un’alimentazione eccessiva e ipercalorica o se ci si trovi davanti ad episodi di vere e proprie abbuffate a l i m e n t a r i o d i g r u n g i n g (spizzicamento continuo).

È fondamentale questo passaggio perché “esistono nette differenze fra pazienti sovrappeso/obesi con o senza DAI. Questa distinzione è di grandissima importanza perché tutti i trattamenti nutrizionali dell’obesità applicati al paziente con un DAI sono destinati a fallire. E questi fallimenti espongono il paziente, soprattutto se adolescente, a un senso di vergogna e umiliazione ulteriori, alimentando proprio i fattori principali sottostanti i l disturbo: un’alterazione dell’umore in chiave depressiva e un gravissimo deficit dell’autostima.” [2].

Un ulteriore elemento che, in base alla mia esperienza clinica, mi sento di evidenziare come controproducente se non addirittura pericoloso, è quello di proporre a questi pazienti un sistema di alimentazione grammato che si basi sul conteggio delle calorie giornaliere ingerite. In base a quanto riportano i pazienti stessi, questo conteggio, in tantissimi casi, porta ad un aumento dell’ansia e a sviluppare una forma di ossessione per le calorie unitamente ad un controllo ossessivo sui grammi. Una dieta così c o s t r u i t a , anche se perfettamente bilanciata a livello nutrizionale, rischia di essere non solo fallimentare in partenza, anche perché spesso molto restrittiva e poco rispettosa del soggetto, aumentando il senso di inadeguatezza del paziente, ma addirittura in grado di aggravare ulteriormente una situazione già complessa in quanto non viene riconosciuto e rimandato al paziente che forse, in quella modalità che ha di alimentarsi, vi è di più di un semplice mangiare eccessivo.

Non si tratta di domandare ai professionisti dell’alimentazione di porre una diagnosi di disturbo alimentare, ma di aiutare il loro assistito a porsi delle domande ulteriori, a vedere al di là, a non ascoltare solamente la domanda esplicita “vorrei dimagrire”, ma aprire sul “perché siamo arrivati a questo punto? Come facciamo a lavorare affinché, finita la dieta, lei possa non tornare più a questo peso?”. Si tratterebbe di lavorare facendo un ulteriore passo, instillando un dubbio, una domanda, un’interrogazione attorno a questo tema, magari suggerendo al paziente di affiancare al percorso alimentare anche una psicoterapia al fine di ottenere un beneficio a lungo termine e scongiurare la ciclica oscillazione del numero sulla bilancia, ovvero fasi di perdita e riacquisto di tutto il peso, se non di più, che caratterizza l’effetto denominato “yo-yo”.

Troppo spesso obesità e sovrappeso vengono approcciate e t r a t t a t e esclusivamente da un punto di vista medico, nutrizionale, organicistico, dimenticando quasi del tutto l’importante impatto psicologico alla base di questo eccesso ponderale. Testimonianza ben visibile di questa dimenticanza è la scarsissima collaborazione che, come psicoterapeuti, riscontriamo quando cerchiamo di creare rete con i medici, unica categoria con la quale, tutti noi psicologi, ravvisiamo una profonda difficoltà nel costruire un lavoro congiunto attorno al paziente. A costo di risultare impopolare mi permetto di sottolineare con forza questo aspetto che ritengo sia uno dei fattori che rendono più difficile e ritardano l’accesso alle cure appropriate per chi soffre di disturbi alimentari, ma non solo, in quanto i pazienti non vengono legittimati nella loro sofferenza psichica da parte della classe medica (ovviamente con le dovute, poche, eccezioni), ma liquidati in modo passivo con la prescrizione di un farmaco, invece che con una messa al lavoro sulle proprie questioni mediante l’invio ad uno psicoterapeuta.

L’oggetto-cibo in pandemia: farmaco naturale per placare ansia e angoscia

La profonda incertezza che stiamo vivendo in questo momento storico a causa della pandemia emerge spesso in seduta quando i pazienti presentano il loro senso di vuoto, di assenza di prospettiva, di difficoltà nel vedere un investimento sul futuro, del vuoto di senso che stanno provando, della frustrazione rispetto al desiderio di iniziare nuove esperienze nella loro vita frenato però dalle restrizioni e che apre ad importanti crisi d’identità. Cibo, alcool, fumo, droghe sono divenute in questo periodo una sorta di soluzione paradossale, di automedicamento, di farmaco per anestetizzare, trattare, soffocare la fatica psicologica (il Ministero della Salute ha messo a confronto i dati del 2019 e del 2020 dai quali emerge un aumento del 30% dei disturbi del comportamento alimentare).

Anche in psicoanalisi diversi autori si soffermano sul tema dell’oggetto, ad esempio il cibo, come automedicamento, come soluzione paradossale adottata dal soggetto. Sigmund Freud, ad esempio, sottolineava come il rapporto del bambino con l’oggetto cibo affondasse le proprie radici nelle primissime fasi dello sviluppo; Karl Abraham evidenziava come nei disturbi alimentari fosse possibi l e osservar e l ’ impor tanza dell’oggetto cibo quale elemento in grado di procurare al soggetto un “soddisfacimento sostitutivo”; Jacques Lacan osservava, invece, come l’atto del nutrirsi nell’uomo fosse in relazione al “benvolere del l ’Al t ro” e che non bisognasse confondere le cure col dono d’amore. Questi autori, solo per citarne alcuni, mostrano bene come l’oggetto cibo, ma lo stesso può valere anche per a l t r i o g g e t t i , f u n z i o n i n o come automedicamento, come soluzione paradossale per affrontare e fare i conti con altro, ad esempio placare l’ansia e l’angoscia.

Proprio questo aspetto del cibo-medicamento ci aiuta a comprendere come mai con così tanta facilità falliscano miseramente i tentativi di iniziare e mantenere una dieta. Tali nuovi piani alimentari avranno successo, senza neanche eccessivo sforzo, nel momento in cui il soggetto inizierà a costruire i suoi strumenti alternativi per affrontare ciò che lo affatica e ad affrontare ciò che teme e i suoi fantasmi.

I giorni di restrizione delle libertà mettono il soggetto a dura prova in quanto, a causa della ridotta socialità e attività, non è possibile riempire, bulimicamente, le agende di cose da fare per non pensare e questo porta al naturale e temuto incontro con se stessi e con quelle paure e quei fantasmi che, per tanto tempo, erano stati chiusi in un cassetto.

Se anche prima dell’inizio della pandemia i disturbi del comportamento alimentare erano in preoccupante crescita, e fra questi l’obesità in par t i colar modo, l ’Os ser vator io epidemiologico del Ministero della Salute, ha evidenziato come, da febbraio a maggio, vi sia stato un aumento del 3 0 % d i c a s i d i d i s t u r b i d e l comportamento alimentare nei bambini e nei preadolescenti sotto i 14 anni [3], ovvero in quella fascia d’età che più ha sofferto, e continua a soffrire, dei continui lockdown, dell’apertura e chiusura delle scuole, della lontananza dagli amici, della claustrofobica chiusura in casa, della solitudine laddove non vi sono fratelli o sorelle ad alleviare la fatica di questo momento, ….

Mi preme sottolineare questo dato in quanto ben sappiamo come un sovrappeso o un’obesità in fascia infantile e adolescenza sia un predittore importante di un’obesità in fascia adulta. “Questa tendenza, già presente in generale da alcuni anni con un abbassamento dell’età di esordio, c o s t i t u i s c e uno d e i f a t t o r i p i ù preoccupanti di quella che si configura come una vera e propria epidemia e ha visto un picco nel periodo del lockdown con aumento di persone con anoressia nervosa, arfid (disturbo evitante-restrittivo nell’assunzione di cibo), disturbi selettivi dell’alimentazione, disfagie. […] In questo momento il 30% dei nostri pazienti, anche ricoverati a Todi, – evidenzia la Dott.ssa Laura Dalla Ragione – sono sotto i 14 anni, con patologie sovrapponibili a quelle dei ragazzi più grandi, ma con conseguenze più gravi vista la giovane età.” [4].

Impatti sociali e psicologici del sovrappeso e dell’obesità: stigma e bullismo, pregiudizi e discriminazioni

Obesità e sovrappeso sono patologie che vanno spesso a braccetto con un importante stigma sociale, con pressioni psicologiche e atti di bullismo subiti da questi soggetti, in particolare dagli obesi, oltre che con un “grave pregiudizio morale per il quale si ritiene, sbagliando, che alla fine la situazione di disagio che queste persone vivono sia solo colpa loro” [5].

La vita delle persone obese, lo raccontano quotidianamente i pazienti in seduta, sia che siano adulti, sia che siano adolescenti, è particolarmente dura a causa delle patologie mediche spesso associate, ma soprattutto per la discriminazione sociale di cui sono costantemente vittime. Lo stereotipo che spesso accompagna questo disturbo alimentare è legato ad un immaginario secondo i l quale questi soggetti sarebbero persone pigre, svogliate, poco volenterose di prendersi cura di sé e della propria immagine, tanto da “non riuscire neanche a seguire una semplice dieta che Le consentirebbe di riuscire a sedersi su una sedia normale” (questo riferì in seduta un paziente dopo un colloquio di lavoro). Si tratti di mobbing subito in azienda per gli adulti o di bullismo a scuola fra i più giovani la triste sostanza non cambia, anzi, pare che il peso eccessivo sia proprio scambiato per il segno evidente, tangibile, reale, della scarsa forza di volontà e incapacità di resistere agli impulsi da parte di questi soggetti che, al contrario, spesse volte, fanno grandi sacrifici e sono dilaniati dal senso di colpa del non riuscire a conseguire risultati nonostante gli sforzi profusi.

Mi preme portare l’attenzione su questi aspetti affinché si possa lavorare su un cambiamento di mentalità che riduca drasticamente tutti quegli at teggiament i discr iminator i che colpiscono le persone obese e che, soprattutto nei soggetti più fragili, p o s s o n o a v e r e c o n s e g u e n z e psicologiche a lungo termine anche di estrema gravità che, oltre tutto, vanno a d a g g r a v a r e u l t e r i o rme n t e i l c o m p o r t a m e n t o a l i m e n t a r e , incrementando le abbuffate nei momenti di maggiore sofferenza, nonché a scoraggiare l’accesso alle cure su cui non riescono più positivamente ad investire con fiducia. Più ci focalizziamo, erroneamente, sul fatto che seguire una dieta, operare un controllo sul peso, stare attenti alle calorie, sia frutto esclusivamente dell’impegno e della volontà del soggetto, più affosseremo il desiderio e la fiducia di quella persona verso se stessa e la possibilità di chiedere e trovare un aiuto specialistico e f fi c a c e , m u l t i d i s c i p l i n a r e e multidimensionale.

Ulteriore effetto, drammatico, a mio personale modo di vedere, di tale errato pregiudizio è che gli stessi professionisti curanti si sentano poi legittimati ad essere meno ingaggiati e responsabili di fronte al percorso terapeutico con quel determinato soggetto… “in fondo se Lei non segue la dieta è colpa Sua, io che ci posso fare?” (altra affermazione riportata da una paziente in seduta). Tale professionista, ad esempio, potrebbe cominciare con il rivolgersi diversamente alla sua assistita, potrebbe poi non lasciare da sola questa donna e incoraggiarla, magari aiutarla a capire che vi è di più al di là del cibo e che possono lavorare insieme, anche con uno psicoterapeuta, per fare dei piccoli passi che la conducano a destinazione.

Si tratta di accogliere il soggetto al di là del risultato riportato sulla bilancia, non lasciare solo l’uomo o la donna che bussano alla porta dello Studio, ma aiutarlo e sostenerlo nel vedere al di là. Mi permetto questa affermazione in quanto diversi pazienti hanno affermato in seduta “se solo avessi anche solo immaginato prima che forse non era solo questione di dieta o di stile di vita…”.

Non si chiede al medico o al nutrizionista di ‘fare lo psicologo’, ma di aiutare il loro assistito a vedere quanto sta accadendo da un’altra prospettiva. Ciò comporta però che il professionista per primo operi, o abbia già operato, questo quarto di giro, e possa, come insegna il professor Keating ai suoi allievi, ricordare “a me stesso di guardare le cose da angolazioni diverse […] anche se può sembrare sciocco o assurdo”.

In dialogo con il sintomo per una prevenzione efficace

Il 4 marzo 2021 si è svolto il World Obesity Day, la giornata mondiale per la prevenzione d e l l ’ o b e s i t à e del sovrappeso durante la quale è stato sottolineato, ancora una volta, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che circa la metà degli adulti e quasi un terzo dei bambini nel mondo sono sovrappeso o obesi. In Italia gli adulti in sovrappeso sarebbero all’incirca 18 milioni e quelli obesi 5 milioni, cioè uno su dieci. In fascia pediatrica contiamo tre bambini su dieci in sovrappeso e uno su dieci obeso.

Il 15 marzo 2021 si è tenuta inoltre la X Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, un’iniziativa tutta italiana (il 2 giugno 2021 si celebrerà invece la VI Giornata Mondiale sui Disturbi del Comportamento Alimentare ‘World Eat ing Disorders Act ion Day’ ) di sensibilizzazione e informazione attorno ai Di s turbi del Compor tament o A l i m e n t a r e . I n I t a l i a , secondo l’Osservatorio del Ministero della Salute, sono più di tre milioni le persone che s o f f r o n o d i d i s t u r b i d e l comportamento alimentare e questi dati sono, purtroppo, in costante a u m e n t o , c o n u n ’ i m p o r t a n t e accelerazione osservata durante il lockdown.

Mi preme sottolineare questi numeri, che poco hanno necessità di commento, in quanto quotidianamente i miei pazienti mi insegnano quale e quanta grande sofferenza e frustrazione si nasconda dietro i loro corpi ingombranti e, per tale ragione, l’aumento esponenziale dei casi di obesità infantile e adolescenziale sottolineato dalla World Health Organizazion credo sia particolarmente allarmante, soprattutto in una prospettiva futura, soprattutto in considerazione del fatto che l’obesità è la quinta causa di morte più frequente al mondo, è spesso associata a profondi e prolungati disturbi depressivi, oltre ad essere una voce importante del bilancio sanitario nazionale.

I di s turbi del compor tament o alimentare, fra questi anche obesità e sovrappeso, sono patologie oggi curabili, patologie complesse e articolate che necessitano di porre precocemente una diagnosi e procedere con interventi t e m p e s t i v i e u n t r a t t a m e n t o m u l t i d i s c i p l i n a r e i n t e g r a t o (psicoterapeuta, nutrizionista, medico, pediatra, psichiatra, …).

Una lettura dell’aumento ponderale come il semplice e banale esito dell’iperalimentazione può risultare pericolosamente riduttiva in quanto, come evidenzia la clinica, dietro un corpo sovrappeso o obeso vi è un soggetto che soffre profondamente, in genere da anni, quindi vi è di più, molto di più di una scarsa disciplina a tavola da parte del soggetto da andare ad interrogare. Freud infatti evidenzia come il rapporto del bambino con l’oggetto cibo affondi le sue radici nelle primissime fasi dello sviluppo mentre Lacan osserva che l’atto del nutrirsi nell’uomo è in relazione al “benvolere dell’Altro” e che non bisogna confondere le cure col dono d’amore.

Ciascun soggetto ha una sua storia, legge e interpreta il proprio sintomo, attribuendo a questo un particolare senso e significato, nonché un’utilità, laddove è il corpo ad esprimere, in prima battuta, un profondo disagio personale che a parole risulta difficile da esternare, e, pertanto, è importante che ciascun soggetto possa incontrare e dipanare la p r o p r i a s t o r i a , s u p e r a n d o e attraversando le proprie difficoltà e i propri fantasmi.

Da ultimo, vorrei inoltre sottolineare come, ancora una volta, la pratica clinica ci dia un ulteriore insegnamento mettendo in luce l’esistenza di una differenza sostanziale fra “peso oggettivo”, ovvero quello normato dai manuali in base al sesso, all’età, all’altezza, … e “peso soggettivo”, portandoci a riflettere, già a partire dagli studi condotti da Hilde Bruch [6], su come il secondo, anche se maggiore del primo, possa però restituirci un soggetto fisicamente più attivo, più coinvolto socialmente e più felice perché maggiormente in pace con il proprio corpo e, quindi, con più facilità, in grado di mantenere costante il peso raggiunto.

Dai disturbi alimentari si può guarire, obesità e sovrappeso si possono prevenire, ma è necessario un grande lavoro di squadra, non solo fra clinici, ma anche con genitori e insegnanti, soprattutto per i più piccoli, e con le istituzioni pubbliche e private.

Bibliografia e sitografia

[1] https://www.epicentro.iss.it/obesita/ oecd-heavy-burden-obesity-2019

[ 2 ] D a l l a R a g i o n e , L a u r a e Pampanelli, Simone (a cura di) (2020), Cuori invisibili. Obesità e disturbo da alimentazione incontrollata in età evolutiva, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma.

[3] http://www.salute.gov.it/portale/ home.html

[4] Dott.ssa Laura Dalla Ragione, Psichiatra e Psicoterapeuta, Direttore Rete D i s t u r b i Comportamento Alimentare USL 1 Umbria, Direttore Numero Verde SOS DCA – Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidente Società Scientifica per la riabilitazione interdisciplinare dei DCA SIRIDAP https://www.siridap.org/

[5] Carretta, Valentina (2019), Obes i tà, sov rappes o e di s turbi alimentari: una lettura psicoanalitica. Patologia dell’oralità, patologia della dipendenza, patologia del legame con l’Altro, Alpes Italia S.r.l., Roma.

[6] Bruch, Hilde (1977), Patologia del comportamento alimentare. Obesità, anoressia mentale e personalità, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano.