La caffeina questa sconosciuta

di Veronica Sarno

La caffeina questa sconosciuta

La caffeina è la sostanza psicoattiva maggiormente diffusa al mondo, infatti, ben l’80% della popolazione mondiale ne fa uso, di cui il 25% ha una diagnosi di disturbo mentale, è significativo che “molte persone diagnosticate come malati mentali sono in realtà coloro che soffrono di avvelenamento da caffeina” (1).

La caffeina è contenuta in dosi cospicue nel caffè, ed in dosi minori in Energy Drink e bevande gassate, consumate anche dai giovanissimi, La caffeina agisce sul sistema nervoso centrale, essa è in grado di penetrare la barriera emato-encefalica, che serve a garantire l’omeostasi cerebrale, penetrata questa barriera va ad incidere su comportamenti e pensieri della persona che ne fa uso, anche a livelli preoccupanti.

“A riguardo del funzionamento della caffeina sul nostro sistema nervoso è bene sapere che: un segno della attività dei neuroni del cervello è la produzione di adenosina, i cui livelli sono costantemente monitorati attraverso i recettori del sistema nervoso. Di solito, quando i livelli di adenosina nel cervello e nel midollo spinale raggiungono certi valori, il corpo ci spinge verso il sonno, o perlomeno, ci consiglia di “rallentare”, mentre la caffeina fa accelerare l’organismo. La caffeina agisce sul sistema nervoso proprio perché simula l’adenosina, viene cioè scambiata per adenosina dal nostro organismo. I 90/100 mg contenuti in un caffè puntano dritto verso i recettori dell’adenosina, e, a causa del l a somiglianza con quest’ultima, entra nei recettori. Con i recettori bloccati, gli stimolanti del cervello, la dopamina e il glutammato, possono svolgere il loro lavoro più liberamente. In poche parole, la caffeina si limita a bloccare il principale “freno” del cervello. La caffeina è un modo per impedire al cervello di rallentare.

Tuttavia, più assumiamo caffeina, più il nostro corpo aumenta il livello di tolleranza, così, per ricevere lo stesso stimolo del primo sorso di caffè ci serve una quantità maggiore di sostanza, creando un meccanismo di dipendenza dalla caffeina. Come si sviluppa il livello di tolleranza? Molti studi suggeriscono che, esattamente come nella dipendenza dalle droghe, il cervello prova a tornare alle funzioni normali mentre è “sotto l’attacco” della caffeina creando più recettori dell’adenosina. Ma è anche dimostrato che assumere regolarmente caffeina diminuisce il numero di recettori per la noradrenalina, un ormone simile all’adrenalina, e insieme alla serotonina, un potenziatore dell’umore. Quando dal “consumo” si passa all’ “abuso” è possibile che si instauri una vera e propria dipendenza da caffeina, caratterizzata dai sintomi psichici e fisiologici descritti per le altre dipendenze (tolleranza, craving, assuefazione…).

Con un uso limitato a due/tre tazzine di caffè al giorno non si ha un quadro sintomatologico patologico, ma si possono avere effetti psico-fisici positivi (attivazione mentale, attenzione, memoria, concentrazione…). Quando però vi è un uso ripetuto, prolungato e quantitativamente eccessivo, possono verificarsi più o meno gravi conseguenze sulle sfere vitali della persona, come quella sociale, lavorativa, affettiva, familiare. Ciò accade perché quando viene a mancare la dose specifica di caffeina l’individuo inizia a sperimentare emicrania, dolori muscolari, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, irritabilità ed affaticamento (una vera e propria sindrome di astinenza). L a sperimentazione dei suddetti sintomi sospinge l’individuo a consumare nuovamente bevande a base di caffeina, in un ciclo sempre più chiuso e dannoso. Al crescere delle dosi si possono esperimentare ulteriori sintomi come ansia, flessione del tono dell’umore, disturbi del sonno, confusione mentale e suscettibilità. A livello fisico possono manifestarsi disidratazione, cefalea, squilibri pressori, tachicardia, nausea, vomito, tensione muscolare, disturbi gastrici e spossatezza. Gli effetti della dipendenza da caffeina possono anche essere più gravi, laddove il consumo di caffeina si leghi al consumo di altre sostanze psico-attive, come ad esempio l’alcol.” (2).

La caffeina è una molecola liposolubile dalle minute dimensioni, simile all’alcol, alla nicotina e ad alcuni antidepressivi. La scarsa consapevolezza di sé può essere una conseguenza di un cervello tossico. Le azioni che la caffeina svolge sul sistema nervoso centrale sono mediate dall’antagonismo dei recettori adenosinici con derivata modulazione dell’attività dopaminergica, questo spiega la ricerca di caffè da parte dei pazienti depressi , come a u t o medicamento; in realtà i dati indicano che il consumo di caffè peggiori i disturbi dell’umore, Rusconi (2014) per la rivista di psichiatria, ha effettuato una ricerca bibliografica su Medline/PubMed e PsychINFO con le seguenti parole chiave “coffee AND major depression”, “coffe AND dysthymia”, sono stati selezionati gli studi in lingua inglese e condotti esclusivamente sull’uomo. Le donne in depressione post-partum che assumono caffeina peggiorano la loro situazione depressiva e presentano spesso co-morbilità con attacchi di panico. L’assunzione di alte dosi di caffeina può indurre disregolazione dell’equilibrio timico, deteriorare i ritmi circadiani e i sintomi d’ansia e favorire stati affettivi alterati.

Studiosi dell’università di Ann Arbor del Michigan di, Greden e Fontaine (2020), hanno potuto constatare che molti dei ricoverati in ospedale con sindrome depressiva ansiosa risultava essere consumatore abituale di 7/8 tazzine di caffè di caffè al giorno, ingerendo fra i 250g fino a i 750g e spesso l i associavano anche ad alcool e fumo, il tutto associato al consumo d i tranquillanti prescritti, contro la sonnolenza prodotta da tali farmaci, i depressi iniziavano ad assumere caffè, ma in realtà più utilizzavano la caffeina e più si sentivano stanchi. Questi studiosi suggeriscono di andare sempre ad indagare i sintomi del caffeinismo nei depressi. Alcuni studi hanno confermato che buona parte delle persone che soffrono di depressione assumono caffeina, che va a peggiorare le loro condizioni, anche perché l’assunzione di bevande che contengono caffeina o caffè, non solo può rendere difficile l’addormentamento, ma anche influire sulla capacità di restare addormentati, questo potrebbe accadere poiché l’organismo potrebbe star tentando di elaborare ancora tutta la caffeina assunta nella giornata.

Il neuroscienziato M. Walker (2020), spiega che il 25% della caffeina contenuta in un espresso consumato a pranzo, è ancora in circolo nel cervello quando si va a letto a mezzanotte, per cui ci si riposa male, ci si alza spossati e allora si corre ai ripari, bevendo un caffè per compensare, entrando in un pericoloso circolo vizioso.

La caffeina interferisce quindi anche con i cicli di sonno dei pazienti bipolari, i medici raccomandano a questi pazienti di evitare l’uso di caffeina. Chi soffre di disturbi dell’umore può osservare che l’umore peggiora dopo l’uso di caffeina, in quanto il sistema nervoso viene stimolato soltanto temporaneamente, quindi, il tono dell’umore cala vertiginosamente assieme alla fine dell’effetto della caffeina. Uno studio del 2009 condotto da Baethge su pazienti sardi bipolari ha scoperto che molti fanno uso di nicotina e tutti quelli che consumano anche il caffè aumentano i loro tentativi di suicidio. La caffeina può anche far incrementare i mal di testa, far sorgere senso di irrequietezza e palpitazioni cardiache, far sorgere nausea e far aumentare la pressione cardiaca; alla lunga tutti questi sintomi possono condurre ad infiammazioni o malattie. Le persone che soffrono di attacchi di panico sperimentano con maggiore frequenza attacchi dopo l’assunzione della caffeina. L’uso di caffeina è sconsigliato a tutte queste persone.

Inoltre, si è evidenziata una stretta connessione tra il consumo di caffè e l’aumento del tasso di colesterolo totale. Si è dimostrata una connessione tra caffeina e bilancio negativo del calcio. Il caffè è controindicato per: aritmie cardiache, ipertensione, ipercolesterolemia, gastrite, ulcera gastrica.

L’esperto di alimentazione M. Pollan (2019) ha sottolineato che la voglia di caffè appena svegli e di un espresso ogni qualvolta finisce l’effetto della dose precedente di caffè, indica che il caffè è una sostanza subdola che crea una dipendenza invisibile, poiché scandisce la quotidianità di molti, rendendoli assuefatti del tutto inconsapevolmente. Pollan parla anche di un nuovo tipo di lavoratore, creato proprio dal caffè, infatti le aziende, per ottimizzare la produttività degli operai dagli anni Quaranta, per rendere il lavoratore più attivo hanno introdotto la pausa caffè per i lavoratori, perché si è verificato che a dosi particolarmente basse di assunzione di caffeina, aumentano attenzione, arousal e performance psicomotorie. Pollan si è domandato se davvero l’essere attivi dipendesse dall’assunzione di caffè, a questo proposito Pollan ha smesso di assumere caffeina per tre mesi, come se volesse disintossicarsi, ne ottiene difficoltà di concentrazione, irritabilità, affaticamento, mal di testa, sintomi dell’astinenza così come individuati dal DSM V.

La neurologa e responsabile del Centro regionale per la Diagnosi e Cura delle Cefalee dell’Irccs Fondazione Mondino di Pavia, Grazia Sances, spiega che: “la caffeina interagisce principalmente con il sistema nervoso, spegne i segnali di stanchezza, consentendoci di rimanere svegli più a lungo, e lo fa mettendo il bastone tra le ruote all’adenosina, una molecola con effetto sedativo sulla nostra attività neuronale. Quando l’adenosina vorrebbe entrare in azione perché siamo stanchi, la caffeina prende il suo posto nei recettori del cervello stimolandoci a rimanere attivi. Dà una marcia in più e quando non c’è, si sente. Il cervello ne apprende il meccanismo d’azione e la riconosce come una sostanza di allerta. Perciò può desiderarne l’assunzione per mantenere la vigilanza più a lungo, questo processo, a volte, porta inconsapevolmente ad aumentare le dosi giornaliere di caffè per combattere la stanchezza e avere maggiore concentrazione sul lavoro. La caffeina entra nel nostro sistema circolatorio in breve tempo, entro quaranta minuti, e raggiunge il resto del corpo in quattro-sei ore, ma la durata del suo effetto varia da persona a persona” (3).

La psicoterapeuta Elena Pasquali ha dichiarato: “E’ certamente possibile, che si verifichi sia un abuso di caffeina e sia l’instaurarsi di una vera e propria dipendenza da caffè con sintomi psico-fisici quali il craving, la tolleranza e l’astinenza.

Bignamini, membro del Comitato scientifico dell’Istituto europeo delle dipendenze di Milano ha detto: “La caffeina può generare sia tolleranza che astinenza, perché per continuare ad avere gli stessi effetti stimolanti c’è la necessità di aumentarne le quantità e perché quando la sospendiamo ne sentiamo la mancanza. La caffeina agisce prevalentemente sulla corteccia prefrontale, che, pur essendo coinvolta nel circuito della gratificazione, produce sensazioni di euforia, ma non come esperienza di cambiamento profondo e duraturo” (4).

La dipendenza da caffeina è una forma di dipendenza psico-fisica indotta e mantenuta dall’assunzione continuativa ed eccessiva di caffeina. La caffeina è uno psico-stimolante, ovvero induce la liberazione di adrenalina e noradrenalina, attivando la parte psico-cognitiva e fisica.

È risaputo che il caffè aiuta a stare svegli, ma uno studio scopre che questo effetto svanisce dopo qualche giorno di perdita di sonno continua.

Lo studio pubblicato su Progress in Neuro-Psychopharmacology and Biological Psychiatry ha preso in esame l’effetto della caffeina su 26 volontari (uomini e donne) che erano portatori omozigoti dell’allele C di ADORA2A (gene che codifica per i recettori dell’adenosina A 2A). A questi soggetti particolarmente sensibili alla caffeina, si è chiesto di dormire al massimo 5 ore a notte per 5 giorni; ad un gruppo è stato dato caffè con caffeina, mentre ad un altro gruppo caffè decaffeinato.

I ricercatori hanno quantificato la caffeina e i principali metaboliti della caffeina paraxantina, teobromina e teofillina) nella saliva dei partecipanti prima che andavano a coricarsi. Durante l’esperimento sono stati fatti test per monitorare le funzioni cognitive: livello di vigilanza, i l tempo di reazione, l’accuratezza e la memoria. Risultati dei test: gli effetti della caffeina sono transitori. Si è scoperto che gli effetti della caffeina sono solo temporanei e che dopo i primi tre o quattro giorni di mancanza di sonno non c’erano più differenze fra chi assumeva caffeina e chi non la assumeva. Il caffè normale ha però contrastato per i primi giorni l’impatto della ripetuta perdita di sonno sull’attenzione sostenuta e selettiva, così come il controllo esecutivo, rispetto al caffè decaffeinato. In conclusione, il caffè con caffeina ha indotto benefici iniziali o transitori su diversi aspetti delle prestazioni di base durante il periodo di sonno insufficiente. Denise Lange, una delle autrici dello studio, afferma che questi risultati dimostrano che il caffè riesce ad attenuare gli effetti dell’accumulo di mancanza di sonno sulle attività cognitive negli individui geneticamente sensibili alla caffeina, ma non a lungo termine. “Il nostro studio indica che l’assunzione moderata di caffè può mitigare alcune ripercussioni della riduzione del sonno in pochi giorni, tuttavia, questo non è un sostituto per una buona notte di sonno a lungo termine”. Dunque, se per periodi protratti di tempo si continua a perdere sonno, bere caffè diventa inutile. Lo studio voleva verificare l’impatto di bevande contenenti caffeina nel contrastare gli effetti della mancanza di sonno; infatti, si stima che oltre il 30% degli adulti in Occidente dorme meno delle sette-otto ore raccomandate nei giorni feriali, mentre il 15% dorme regolarmente addirittura meno di sei ore. Questa abitudine può avere ripercussioni sulla salute e compromettere la vigilanza e l’attenzione. P.J. Rogers racconta di diversi studi sulla caffeina (2010), gli studi condotti dall’università di Bristol affermano che gli effetti stimolanti della caffeina indicano che gli effetti stimolanti della caffeina sono un’illusione e che il solito caffè del mattino non produce benefici per l’organismo, perché i consumatori abituali di caffè sviluppano tolleranza agli effetti stimolanti della caffeina, anche se gli stessi consumatori abituali di caffè riferiscono di sentirsi maggiormente attenti sotto l’effetto della caffeina, questo in realtà è dovuto, secondo gli studiosi, all’ inversione degli effetti della fatica provocati dall’astinenza da caffeina. Anche le ricerche effettuate dalla John Hopkins Medical School hanno dimostrato che il miglioramento della performance legato al consumo abituale di caffeina è legato all’astinenza da caffeina, senza l’astinenza non esiste alcun miglioramento della performance del soggetto, inoltre la caffeina incide anche negativamente sull’umore.

Secondo il Dr. T. Bradberry (2017), la caffeina ha un periodo di dimezzamento pari a sei ore e questo significa che impiega 24 ore per lasciare l’organismo, quindi dodici ore dopo in circolo vi è ancora il 25% del caffè e questo se ne beve soltanto una tazza al mattino, figuriamoci quando si assume anche quella pomeridiana come viene disturbato il sonno, infatti la caffeina disturba il ciclo del sonno, riducendo la durata dell’importante fase del sonno REM; inoltre, la caffeina induce picchi di adrenalina come quelli che si verificano dinanzi ad un pericolo dinanzi al quale bisogna decidere velocemente se reagire o fuggire. Le conseguenze sono che ci si alza stanchi e si assume dell’altro caffè e ricomincia il circolo vizioso, al pomeriggio poi, pensando di migliorare la situazione si assume ancora altro caffè e questo aumenta la deprivazione di sonno, e più quest’ultima aumenta e più gli effetti pimpanti tipici della sensazione di assunzione di caffeina perdono di effetto, mentre si sviluppa l’attaccamento alla sostanza contenete la caffeina.

Nel DSM-V tra i disturbi correlati alla caffeina sono presenti: “Intossicazione da caffeina Criteri diagnostici per il DSM-V”

A. Recente consumo di caffeina (tipicamente in dosi elevate ben oltre i 250 mg).

B. 5 o più dei seguenti segni o sintomi che si sviluppano durante, o subito dopo, l’uso di caffeina:

1. Irrequietezza

2. Nervosismo

3. Eccitamento

4. Insonnia

5. Vampate al volto

6. Diuresi

7. Disturbi gastrointestinali

8. Contratture muscolari

9. Flusso incoerente del pensiero e dell’eloquio

10. Tachicardia o aritmia cardiaca

11. Periodi di resistenza alla fatica

12. Agitazione psicomotoria

C. I segni o sintomi del criterio B causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

D. I segni o sintomi non sono attribuibili ad un’altra condizione medica e non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale, compresa una intossicazione da altra sostanza.

Questo quello che riporta il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tuttavia, ammonisce Mendolicchio, psichiatra psicoanalista responsabile della riabilitazione dell’Ospedale Auxologico Piancavallo, che diversamente da quanto indicato nel manuale, che la tolleranza da caffeina non è dose correlata, ma soggettiva; questo significa che “una persona può svilupparla anche consumandone quantità normali” lo si può capire, se interrompendo in maniera brusca l’assunzione di caffè, nel giro di un giorno, si presentano disturbi del sonno, affaticamento, mal di testa, scarsa concentrazione.

Inoltre, il DSM V parla anche di astinenza da caffeina: “Astinenza da caffeina Criteri diagnostici per il DSM-V”:

A. Uso quotidiano prolungato di caffeina.

B. Brusca cessazione o riduzione dell’uso di caffeina, seguito entro 24 ore da 3 o (più) dei seguenti segni o sintomi:

1. Cefalea

2. Affaticamento marcato o fiacchezza

3. Umore disforico, umore depresso o irritabilità

4. Difficoltà di concentrazione

5. Sintomi tipo influenza (nausea, vomito o dolori muscolari/rigidità)

C. I segni o sintomi del criterio B causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

D. I segni o sintomi non sono associati agli effetti fisiologici di un’altra condizione medica (per es., emicrania, patologia virale) e non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale, compresa intossicazione od astinenza da altra sostanza.

Sembra dunque evidente che la caffeina abbia effetti importanti sulla psiche, oltre a questo livello, il DR. F. Batmanghelidj (2004) sostiene che sia anche particolarmente dannosa per l’organismo. “La caffeina sembra funzionare come un’energia che libera potenza nel corpo, è uno stimolante del sistema nervo centrale e libera l’energia dell’ATP immagazzinato e lo converte alla sua fase bruciata di AMP, la caffeina quindi effettua un prelievo forzoso quando il corpo non desidera liberare l’energia per una certa azione. La caffeina causerà un prelievo forzoso fino a raggiungere un livello molto basso di scorta di energia. L’eccessivo uso di caffeina esaurirà l’energia ATP immagazzinata nel cervello e nel corpo, che contribuisce alla stanchezza cronica. In alcuni esperimenti è stato dimostrato che la caffeina inibisce un sistema enzimatico molto importante, il PDE, che è implicato nel processo di apprendimento e di sviluppo della memoria. Nelle cavie usate negli esperimenti, la caffeina ha alterato la percezione visiva e la memoria, strumenti essenziali delle capacità di apprendimento. Dovete adesso rendervi conto che le persone affette dal morbo di Alzheimer e i bambini con difficoltà di apprendimento non dovrebbero bere altro che acqua. L’eccesso di caffeina infine stancherà il muscolo del cuore a causa della sua iper-stimolazione. Allo stesso tempo la caffeina è un disidratante. Le bevande contenenti caffeina non dovrebbero ASSOLUTAMENTE essere consumate”.

Spesso, la persona che fa uso di caffeina, si riconosce dei sintomi di malattia, ma non sa che dipendono dalla caffeina stessa, inoltre la caffeina peggiora i sintomi di quei pazienti che soffrono di patologie organiche. Tuttavia, recentissimi studi, condotti da un gruppo di psicologi, hanno dimostrato che piuttosto che assumere per davvero la deleteria caffeina con caffè o energy drink, pensare ad una tazzina di caffè ed al suo aroma genera un effetto di attivazione dell’organismo.

Bibliografia

F. Batmanghlidj, “Il tuo corpo implora acqua”, Macro Edizioni, 2004.

Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM V, American Psychiatric Association (APA), 2013.

M. Pollan, “In difesa del cibo”, Adelphi, 2019.

Riviste

A. Rusconi, RivPsichiatr 2014; 49(4):164-171, agosto 2014, Vol. 49, N. 4.

C. Baethge, Coffee and cigarette use: association with suicidal acts in 352 Sardinian bipolar disorder patients, 2009 Aug; 11(5):494-503. doi: 10.1111/j.1399-5618.2009.00727.x.

G. Masoero Regis, Processo alla caffeina. È davvero la droga psicoattiva più consumata al mondo? Colpevole di rubarci anche il sonno? I nostri esperti spiegano cosa succede nel cervello quando vuotiamo la tazzina, La Repubblica.Data: 26.08.2021 Pag.: 34,35.

M. Pollan “The invisible addiction: is it time to give up caffeine?” The Guardina 6 luglio 2021

P.J. Rogers, et. Al. (2010) Association of the Anxiogenic and Alerting Effects of Caffeine with ADORA2A and ADORA1 Polymorphisms and Habitual Level of Caffeine Consumption. Neuropsychopharmacology.

T. Bradberry, “Emotional Intelligence 2.0, and president of Talent Smart, world’s leading provider of emotional intelligence. 2017.

Sitografia

https://Caffeinweb.com

https://www.theguardian.com/news/audio/2021/aug/13/the-invisible-addictionis-it-time-to-give-up-caffeinepodcast

https://www.comunicaffe.it/caffeina-killersilenzioso/

https://www.abodybuilding.com/CAFFE3.html

https://www.focus.it/comportamento/psicologia/caffeina-non-fa-miracoli-sonno https://it.sputniknews.com/20190516/gli-psicologi-per-sentirsi-piu-svegli-basta-pensare-a-un-bel-caffe-7651194.html

www.elenapasquali.it/addiction-dipendenzacaffe

https://it.graphistik.com/is-there-connectionbetween-caffeine

https://www.surfsitesusa.com/kRwZO3kD/

https://www.abodybuilding.com/ CAFFE3.html

https://www.ipsico.i t /sintomi-cura/ dipendenza-da-caffeina/

https://www.huffingtonpost.it/dr-travis-bradberry/la-caffeina-e-il-killer-silenzioso-delle-nostre-prestazioni_a_22191890/

https://www.centropsy.it

https://www.centropsy.it/psicologiaclinica/

Coffee effectively attenuates impaired attention in ADORA2A C/C-allele carriers during chronic sleep restriction;

Consuming caffeinated coffee can temporarily mitigate repercussions of reduced sleep) È vero che il caffè aiuta a stare svegli? BY: TEA Blog tutto è conoscenza ON: 23 GENNAIO 2021 IN: ALIMENTAZIONE E SALUTE, CURIOSITÀ, SCIENZE MEDICHE.

NOTE

  1. https://www.bipolari.it/index.php/generalita/le-cause/sostanze-abuso/309-caffe
  2. IPSICO (Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva), FIRENZE, 2022 Rif https://www.ipsico.it/sintomi-cura/dipendenza-dacaffeina/
  3. G. Sancez, in Processo alla caffeina. È davvero la droga psicoattiva più consumata al mondo? di Giulia Masoero Regis, inserto Salute, La repubblica, 14 agosto 2021.
  4. E. Bignamini in Processo alla caffeina. È davvero la droga psicoattiva più consumata al mondo? di Giulia Masoero Regis, inserto Salute, La repubblica, 14 agosto 2021.
  5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM V, American Psychiatric Association (APA), 2013.
  6. L. Mendolicchio in Processo alla caffeina. È davvero la droga psicoattiva più consumata al mondo? di Giulia Masoero Regis, inserto Salute, La repubblica, 14 agosto 2021.
  7. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM V, American Psychiatric Association (APA), 2013.
  8. F. Batmanghlidj, “Il tuo corpo implora acqua”, Macro Edizioni, 2004, p.89-90.