“La Deriva”: Un gioco per educare a perdersi

“La Deriva”: Un gioco per educare bambini e ragazzi a perdersi

È Settembre e, a breve, ricomincia la scuola. Tra compiti e libri per le vacanze, il nostro sistema educativo, scolastico e familiare, pecca nell’offrire a piccini e ragazzi una guida per la scoperta identitaria ed emotiva. Nonostante i crescenti sforzi in tale direzione, infatti, domina tutt’oggi un sistema accademico tradizionale, centrato sulla conoscenza nozionistica. Questo articolo ha l’intento di presentare un’attività, facilmente replicabile da educatori, insegnanti e genitori, per educare i ragazzi a perdersi.

La Deriva – Istruzioni per perdersi

“La Deriva – Istruzioni per perdersi”, di Paolo Maria Clemente, è arrivato per posta il giorno del mio 24esimo compleanno, 2 anni fa, speditomi da due miei cari colleghi. Era Accompagnato dal seguente bigliettino: <<Poichè – da brava cognitivista – cerchi sempre istruzioni per non perderti mai, ti auguriamo di riuscirci con questo>>.

L’augurio di perdermi arriva in un momento della mia vita in cui i miei colleghi captano il disagio di affacciarsi, da giovane adulta, ad un mondo estremamente fluido, creativo, costellato di imprevisti ed opportunità. Un mondo che richiede di inventarsi e reinventarsi di continuo, piuttosto che mantenere il controllo su rigidi piani preconfezionati e precostituiti. Non nego di averci messo un po’ di tempo prima di accettare di imparare a “perdermi”. Ci sto tutt’ora provando, io che sono stata educata alla performance e alla velocità, come gran parte della mia generazione.

Cosa significa Perdersi

Con la capacità di “perdersi”, intendiamo la realizzazione di un cambiamento nell’approccio con l’ambiente: il passaggio da una relazione “strumentale”, in cui ciò che ci circonda viene sfruttato per raggiungere i nostri scopi utilitaristici (a differenti livelli, conseguente alla logica della produzione), alla visione del mondo come deriva. È la capacità di godere delle nostre sensazioni, di entrare in connessione con l’ambiente e lasciarci sorprendere dai messaggi che questo ci sta mandando. Nel modo in cui questo gioco porta ad allenare la capacità di focalizzare la nostra attenzione sul presente, sul qui e ora, si avvicina in parte ai principi della mindfulness. 

Le regole del gioco

La Deriva è un gioco, anzi un meta-gioco, come lo definisce l’autore, fatto di regole e di improvvisazione. È un’attività ideata da Guy Debord nel 1956 e poi riadattato nel corso del tempo. Consiste nel vagare per la Zona, ovvero per la città, senza una meta prestabilita, e con la regola di prestare attenzione alle cose che accadono “per caso”.

Le pedine, o anche i derivanti, si riuniscono per dare inizio al gioco, seguendo una Guida. La guida è una pedina che, a turno, sceglie ed interpreta i messaggi della Zona e, di conseguenza, la direzione in cui si muove il gruppo. Il tabellone su cui si muovono le pedine è una porzione delimitata della città, una parte tranquilla e sicura per camminare con gli studenti. È meglio se il tabellone viene scelto in un luogo non troppo trafficato, ma vivo, in cui accadono cose inaspettate che verranno riconosciuti come segni.

I segni sono le carte che il mazziere (ovvero la Zona) decide di giocare. Sono tutti quegli avvenimenti casuali (ad esempio una busta che vola, uno striscione, una macchina o una bicicletta di un colore particolare) che acquistano un particolare significato per il sesto senso della guida e, quindi, per il gruppo. In questo modo il gruppo si muove in direzioni dettate dalla zona, fino a che non si raggiunge un’apparizione, ovvero un segno particolarmente bello o significativo per il gruppo.

Perché farlo con bambini e ragazzi?

La deriva permette di allenare, nella sua reiterazione, l’attenzione ai segni che l’ambiente ci invia. Permette di raggiungere uno “spaesamento personale”, la possibilità di abbandonare i nostri schemi, i nostri pensieri, i nostri impegni, per farci guidare dall’esperienza. Questo avviene però in una dimensione gruppale che ci rassicura e ci permette di non perderci totalmente. Una connessione calma con il mondo. Questi piccoli episodi di deriva finita, ovvero delimitata al tempo di durata del gioco, ci allenano a quella che sarà la deriva infinita.

La deriva infinita è la capacità di riuscire a leggere e fidarsi di quelle coincidenze con cui la zona, il mondo, l’ambiente intorno (e alla fine noi stessi), cerca di comunicarci la “strada”. La capacità cioè di trovare un filo conduttore, un senso di continuità, tra le nostre esperienze. Una sensazione identitaria di continuità che risponde alla domanda “chi sono e dove sto andando”.

Questo è un invito a tutti gli educatori ad educare a perderci.

Bibliografia

Clemente P.M. (2020), La Deriva, Istruzioni per perdersi, Tlon Editore.