La terapia cognitivo-comportamentale nella pratica clinica-seconda parte

Verranno messe in risalto alcune delle tecniche della terapia cognitivo-comportamentale che utilizzano i conseguenti di un comportamento.

Nel precedente articolo abbiamo preso in considerazione gli antecedenti di un comportamento e come possono essere utilizzati in terapia. Ora vedremo cosa si intende per conseguenti e quanto possono essere utili per modificare comportamenti disfunzionali. In particolare parleremo di:

  • rinforzatori
  • punizioni.

Andrea (nome di fantasia) è un ragazzino piuttosto introverso, ha paura di relazionarsi agli altri e questo lo limita molto nei suoi contesti di vita. In terapia, lo aiutiamo a modificare questi comportamenti agendo non soltanto sugli antecedenti (come abbiamo visto nel precedente articolo), ma soprattutto sui conseguenti attraverso i rinforzatori. Ad esempio, dico ad Andrea quanto è stato bravo, sottolineando il suo impegno.

Che cos’è il rinforzatore?

Il rinforzatore è una conseguenza ad un comportamento che aumenta la probabilità che esso si ripresenti. Può essere di tipo positivo se è una conseguenza gradita; di tipo negativo se viene tolto uno stimolo avversivo (ad esempio, quando metto la cintura di sicurezza in macchina per far cessare il suono fastidioso di allarme). Possono essere divisi, a loro volta, in rinforzatori sociali (“sei molto bravo”); dinamici (“usciamo”), tangibili (oggetti preferiti).

Si potrebbe pensare che questo possa produrre risultati artificiali e, in un primo momento, potrebbe essere così. E’ per questo motivo che nella pratica clinica si lavora fin da subito per rendere i risultati più naturali e fare in modo che gli effetti si mantengano nel tempo. In che modo? Cambiando le regole per ottenere i rinforzatori; cambiando tipologie di rinforzatori (è sempre un bene utilizzare quelli di tipo sociale più che tangibili); generalizzando in più contesti.

Come utilizzare la punizione?

La punizione è un’altra conseguenza del comportamento che, però, diminuisce la probabilità che esso si ripresenti. Tuttavia, è importante considerare che spesso gli effetti sono passeggeri e i rischi maggiori. Soprattutto, durante una terapia, va utilizzata con molta cautela e solo quando altri metodi centrati sulla relazione non sono efficaci. Con i bambini, va programmata e spiegata in modo che non ci siano sorprese spiacevoli.

Anche le punizioni si classificano come positive (quando si aggiunge qualcosa come una predica o una punizione fisica) e negative (si toglie qualcosa di piacevole). Nelle terapie, ovviamente, si possono utilizzare quest’ultime. E’ fondamentale comunque che lo psicoterapeuta parli di questi aspetti con i genitori che spesso si ritrovano a mettere in atto comportamenti, inconsapevoli degli effetti che possono produrre. Si può discutere di come potrebbe essere utilizzata la punizione in modo da massimizzare gli effetti positivi e minimizzare quelli negativi.