L’ADHD prima dell’ADHD, l’osservazione che precede la nosografia

di Roberto Ghiaccio

L’ A D H D n o n e s i s t e , è inventato, è sopravvalutato, è colpa dei genitori..è una forma di deresponsabilizzazione, è un americanata per vendere ritalin, sono solo alcuni dei pregiudizi che colpiscono questo disturbo e per comprendere l’ADHD oltre le sistemazioni nosografiche attuali è necessario ripercorre e r i c o s t r u i r e l a s u a descrizione. Ma chi furono i primi medici a d a r e u n v o l t o q u e s t a sindrome? E ’ o p i n i o n e c o m u n e c h e l a p r i m a descrizione risalga con ogni probabilità al medico scozzese Alexander Crichton (1763 – 1856) , che nella sua opera in due volumi, “An Inquiry Into the Nature and Origin of Mental Derangement” edita Londra nel 1798, descrisse una sindrome che sembrava avere caratteristiche molto simili al deficit di attenzione dell’ADHD. Nel capitolo dal titolo “On attention, and its Diseases”, Crichton così definiva il significato della capacità di attenzione: “When any object of external sense, or of thought, occupies the mind in such a degree that a person does not receive a clear perception from any other one, he is said to attend to it”.
L’incapacità di partecipare allo stimolo esterno, diceva Crichton, si traduce in una difficoltà nel mantenere l’attenzione, difetto che egli riteneva core deficit e che quindi si rendeva evidente molto precocemente nella prima infanzia Il disturbo, caratterizzato da f a c i l e distraibilità, da iperattività e da i m p u l s i v i t à , d i v e n i v a conclamato nell’età scolare, quando rendeva il bambino incapace di partecipare alle attività scolastiche. Non di rado, diceva i l medico scozzese, questi bambini diventano aggressivi, sino “a rasentare la follia” Crichton, per il quale l’incapacità di mantenere un grado costante di attenzione per qualsiasi oggetto, derivava quasi sempre da una sensibilità patologica o innaturale dei nervi, aveva tuttavia osservato che tale disturbo andava comunqueregredendo con l’età. Ma quasi già nel 1775 Melchior Adam Wei kard des c r i veva bambini ed adulti con “Mancanza d i a t t e n z i o n e / A t t e n t i o Volubilis”facilmente distratto da tutto (anche dalla sua stessa immaginazione), persistente, i p e r a t t i v o e i m p u l s i v o , generalmente sbadato, volubile e baccanale, superficiale ovunque, per lo più spericolato, altamente i n s t a b i l e n e l l ’ e s e c u z i o n e . Weikard aveva anticipato che la disattenzione è più comune negli adulti e nelle donne, mentre nei bambini predomina l’iperattività. Weikard attribuiva ciò a una generale mancanza di disciplina e stimolazione, a una cattiva educazione nella prima infanzia o, più insolitamente e più recentemente ai suoi tempi, alla disregolazione d e l l e fibre cerebrali dovuta a sovra o sotto stimolazione.
Dopo circa cinquant’anni un medico tedesco pose un tassello importante nella storia della sindrome dell’ADHD e lo fece in modo abbastanza curioso. Heinrich Hoffmann (1809 – 1894) aveva s t u d i a t o m e d i c i n a all’università di Heidelberg, approfondendo poi gli studi ad Halle ed a Parigi. Hoffmann nel 1845 scrisse un libro / filastrocca per bambini dal titolo “Der Struwwelpeter, ovvero storielle e immagini divertenti per bambini dai 3 ai 6 a n n i ” , d a l u i s t e s s o d i s e g n a t e , n e l q u a l e descriveva le malefatte di un bambino che presentava tutte le caratteristiche del bambino iperattivo e impulsivo. Esemplare la scenetta nel q u a l e i l b a m b i n o , s o p r a n n o m i n a t o anche Zappelphilipp, sordo agl i ammonimenti dei genitori, che lo invitavano alla calma e alla compostezza. Alla fine, dopo essersi dimenato e dondolato sulla sedia, si tira addosso la tovaglia con tutte le stoviglie, le posate e le bottiglie. Lo scopo delle filastrocche, d o v e v a e s s e r e essenzialmente educativo, illustrando in modo esagerato, l e c o n s e g u e n z e d i comportamenti sbagliati nei bambini: igiene personale, distrazione congenita, gioco con oggetti pericolosi, essere disobbedienti, crudeltà verso gli animali.

Nel 1889 Thomas Smith Clouston (1840-1925) ipotizzò che i bambini iperattivi e con disturbi del comportamento f o s s e r o a f f e t t i da una condizione di overactive neurons in the higher cortexes of the brain. Il consiglio terapeutico di Clouston era quello di utilizzare il bromuro come sedativo. Agli inizi del XX secolo fu i l pediat ra inglese George Still (1868 – 1961) ad interessarsi dei bambini affetti da iperattività e disturbi dell’attenzione. Still oltre modo è ricordato per aver scoper to l’artrite r e u m a t o i d e g i o v a n i l e sistematica che prende appunti il nome id morbo di Still. Il pediatra inglese nel descrivere i bambini con i sintomi dell’ADHD, introdusse il concetto di “deficit del controllo morale”, riteneva che i disturbi comportamentali potessero essere spiegati con la mancanza di “morale”. Se pur con una vena moralistica e dressaggistica Still accenna al deficit di inibizione e funzioni esecutive introducendo la comorbidità, quasi il continuo con i futuri disturbi del comportamento.
Alfred Frank Tredgold (1870 – 1952) nel suo volume Mental deficiency (Amentia) edito a Londra nel 1908, descrisse alcuni casi clinici di bambini con sintomi ascrivibili ad una sindrome simile all’ADHD. Secondo Tredgold i bambini da lui descritti presentavano un elevato grado “di debilità mentale”, forse successiva ad una forma di danno cerebrale, c h e c a u s a v a l o r o una sindrome con anomalie di comportamento e scarso rendimento scolastico. Sulla scia di Tredgold, tra il 1917 ed il 1918, il diffondersi di un’epidemia di encefalite fece sì che molti pediatri descrivessero un aumento del numero di pazienti con sintomi di iperattività, mancanza di concentrazione e impulsività, m a a n c h e i r r i t a b i l i t à comportamento antisociale e rendimento scolastico del tutto insufficiente. Si pensò allora che questi comportamenti con sintomi analoghi a quelli dell’ADHD fossero il risultato di un danno cerebrale da e n c e f a l i t e e p i d e m i c a . Notarono tuttavia che molti di questi bambini durante lo sviluppo presentavano un intelligenza normale, tanto da ribattezzare il disturbo come “minimal brain damage”. Il termine verrà riproposto c o m e “ M i n i m a l B r a i n Dysfunction” nel 1960 da Al f red St raus s e Laura Lehtinen nei loro lavori P s y c h o p a t h o l o g y a n d Education of the Brain-Injured Child e The Other Child. The Brain-Injured Child. Nel 1932, i medici tedeschi Franz Kramer a n d H a n s P o l l n o w pubblicarono un articolo dal t i t o l o Ü b e r e i n e hyperkinetische Erkrankung im Kindesalter” ovvero la descrizione di una malattia ipercinetica dell’infanzia. I casi d a l o r o o s s e r v a t i p r e s e n t a v a n o s i n t o m i sovrapponibili a quelli dei disturbi del comportamento del tutto simili alla sindrome ADHD. Bambini che messi in una sala accendevano e s p e g n e v a n o l e l u c i d i continuo, spostavano le sedie, giravano in tondo, salivano sui tavoli, lanciavano oggetti dalle finestre e battevano i giocattoli sul pavimento senza giocare. L a l o r o i n c a p a c i t à d i concentrarsi sfociava in un deficit dell’apprendimento e in un deterioramento delle capacità intellettuali. Nel campo della terapia bisogna attendere Charles Bradley, il quale nel 1937 ottenne, in alcuni bambini con problemi di comportamento, cambiamenti spettacolari dopo una settimana di trattamento con benzedrina. La vera rivoluzione nella storia della terapia dell’ADHD arriva nel 1944 con la sintesi da parte di L e a n d r o P a n i z z o n d e l metildefindato che dedica alla moglie Rita, accesso tennista che facendo da consapevole cavia trae dalla nuova molecola migliori prestazioni attentivi con più vigilanza , per cui il termine Ritalin. Da qui la storia dell’ADHD si complica, arrivano i DSM, gli ICD, ma anche i pregiudizi, allora è doveroso sottolineare che non è i l R i t a l i n a determinare l a n a s c i t a nosografica dell’ADHD, ma il R i t a l i n “ n a s c e ” accidentalmente e riesce a dare una certa finestra di opportunità a g l i ADHD, dobbiamo comprendere che l ’ADHD è un’esperienza che dura tutta la vita e che le attuali definizioni diagnostiche sono gravemente inadeguate i n q u a n t o i g n o r a n o l e emozioni, la cognizione, ormoni, età avanzata, e gli effetti dell’ADHD su una personalità in via di sviluppo… ma questa è un altra storia.

Bibliografia alla rivista Psicologinews del 22 Gennaio 2024, p. 24 a 26