L’impatto psicologico della Procreazione Medicalmente Assistita

di Cinzia Iole Gemma

impatto psicologico procreazione medicalmente assistita

Per affrontare la tematica della procreazione medicalmente assistita è necessario anzitutto definire cosa s’intende per fertilità e sterilità. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una coppia è da considerare infertile quando non è in grado di concepire o di avere un bambino dopo un anno o più di rapporti non protetti, viceversa è da considerare sterile una coppia nella quale uno o entrambi i coniugi sono affetti da una condizione fisica permanente che non renda possibile avere dei bambini.

Secondo l’OMS l’infertilità rappresenta un problema che colpisce il 10%-15% degli individui in età fertile, perciò su scala mondiale si stima l’infertilità di 50-80 milioni di soggetti, in particolari nei paesi industrializzati. Questo quadro secondo quanto riportato, può aumentare nel prossimo futuro, anche a causa di un numero crescente di donne che decidono di ritardare la possibilità di avere dei bambini.

Per milioni di coppie nel mondo, l’impossibilità biologica di avere dei bambini è considerata come un dramma ed è descritta come un’esperienza che induce stress sia all’interno della coppia sia individualmente (Andreotti et al. 2000). La riproduzione o procreazione medicalmente assistita (PMA) si riferisce all’insieme di metodiche e trattamenti che aiutano il processo riproduttivo, siano esse chirurgiche, farmacologiche, ormonali o di altro tipo.

La scelta di intraprendere un percorso di riproduzione assistita viene vissuta dalla coppia come l’ultima possibilità per poter coronare il proprio sogno. Ed è proprio in nome di tale desiderio che viene intrapreso questo percorso impegnativo, fatto di esami diagnostici, terapie e procedure più o meno invasive sul proprio corpo (Righetti et al. 2001). La PMA si pone come una pratica emotivamente costosa che investe gravosamente chi la affronta, ponendolo in una condizione di disagio emotivo.

Scoprire e avere la consapevolezza di non essere abili al concepimento diventa fonte di alterazione della vita di coppia che coinvolge l’individuo con notevoli ripercussioni sociali e sofferenza personale che con il tempo non fanno altro che acuirsi diventando incontenibili andando a inficiare il benessere e l’equilibrio mentale (Conversano et al. 2007)

L’infertilità è concettualizzata come una grave crisi nella vita. Una crisi che evoca reazioni emotive che è possibile classificare in quattro fasi principali: La fase iniziale (shock, sorpresa, negazione); la fase reattiva (frustrazione, rabbia, ansia, senso di colpa, dolore, depressione, isolamento); la fase di adattamento (accettazione) e una fase di risoluzione (pianificazione per soluzioni future). Le reazioni nel corso di una crisi sono determinati da fattori quali le influenze della manifestazione in sé, personalità preesistente, fattori culturali e il sostegno della famiglia e amici (Conversano et al. 2007).

Gli effetti della diagnosi di sterilità hanno ripercussioni:

· Sull’identità personale: conseguente perdita dell’autostima e dubbi rispetto alla propria identità e quella di coppia.

· Rispetto alla relazione con il proprio partner: paura di essere abbandonati associata a un sentimento ambivalente che vede da una parte la chiusura nei confronti dell’altro e dall’altra ricerca di supporto e di avvicinamento.

• Sulla vita sociale: isolamento e vergogna per la propria condizione.

In questo contesto assume particolare importanza la reazione della coppia a tale diagnosi.  Le persone che affrontano tale realtà, infatti, si percepiscono come corpi malati che non sono in grado di procreare e quindi sottratti della possibilità di perpetuare sé stessi attraverso un’altra vita. La coppia va incontro a un vero e proprio trauma, con la presenza di sentimenti ambivalenti di vergogna e di invidia verso chi ha la possibilità di procreare. Successivamente si sviluppa un sentimento di perdita, del tutto analogo a quello provato durante un lutto vero e proprio.

Le cognizioni di pretrattamento di impotenza e di accettazione rispetto alla possibile mancanza di figli sono i fattori che giocano un ruolo fondamentale nel determinare la risposta emotiva al fallimento del trattamento. Risulta quindi importante, fin dall’inizio, attivare un‘assistenza psicosociale dedicata a cambiare il significato della sterilità. Di conseguenza, il sostegno psicologico dovrebbe essere non solo specificamente mirato ad aiutare la donna a regolare la propria accettazione emotiva di un possibile fallimento del trattamento e dell’eventuale sterilità, ma anche offrire un’opportunità per discutere le reali possibilità di gravidanza e l’opportunità di continuare o meno il trattamento, compresi gli aspetti emotivi a lungo termine coinvolti nella decisione.

I professionisti che si occupano della fertilità possono promuovere il processo di accettazione, discutendo i problemi d’infertilità con le coppie e migliorando la loro comunicazione sulla questione, cercando di pianificare con la coppia i trattamenti in caso di insuccesso e misurare eventuali differenze di motivazione per il trattamento tra i coniugi (Boivin et al. 2001; Kentenich et al. 2002). I professionisti dovrebbero anche preparare i loro pazienti alle possibili reazioni emotive che un trattamento senza successo può scatenare. Infatti, Hammarberg et al. (2008) sottolineano come sia necessario per la coppia informarsi sugli aspetti emotivi dei loro problemi di fertilità. Tale educazione psicosociale, ad esempio,si propone dispiegare in anticipo alla coppia che una maggiore sofferenza è una reazione naturale al trattamento senza successo e ciò potrebbe migliorare il loro controllo sulla risposta emotiva al fallimento del trattamento. Nella maggior parte dei casi, la conoscenza riassicurerà la coppia che ciò che sta sperimentando è parte di una reazione normale e non un’indicazione di regolazione disfunzionale.

Bibliografia

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Cecotti M (2004). Procreazione medicalmente assistita. Roma: Armando editore.

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