L’io pelle

L’io pelle

L’importanza del contatto

Il bambino acquisisce la percezione della pelle come superficie in occasione delle esperienze di contatto del proprio corpo con quello della madre e nel quadro di una relazione rassicurante d’attaccamento a lei.

Le comunicazioni tattili primarie vengono registrate come sfondo e forniscono una superficie immaginaria su cui disporre i prodotti delle successive operazioni del pensiero.  Anzieu parla di funzioni e strutture della mente in termini di “membrana”, di “guaine” e di una successiva formazione nel tempo di esperienze tattili, dolorifiche, termiche, acustiche, visive fino al sogno e al pensiero.

L’attenzione rivolta al transfert e al controtransfert dà la possibilità di recuperare il significato di “involucro” della parola del terapeuta nella seduta con funzioni trasformative.

Anzieu parla di deformazioni possibili nell’area psichica-psicosomatica a causa di microtraumi emozionali e del modo del bambino di viverli e di difendersi in relazione al mondo interno.

Secondo Anzieu, l’io-pelle è una struttura intermedia dell’apparato psichico: intermedio cronologicamente tra madre e figlio. Senza adeguate esperienze al momento opportuno, tale struttura non è acquisita o risulta alterata. L’instaurazione dell’io pelle risponde al bisogno di un involucro narcisistico ed assicura all’apparato psichico la certezza e la costanza di un benessere di base. È una rappresentazione di cui si serve l’Io del bambino, durante le fasi precoci dello sviluppo, per rappresentare se stesso come Io che contiene i contenuti psichici, a partire dalla propria esperienza della superficie del corpo.

Per Anzieu l’energia pulsionale risulta disponibile soltanto per chi ha preservato l’integrità del proprio Io pelle. La realizzazione sessuale richiede l’acquisizione di una sicurezza narcisistica di base, di un senso di benessere dentro la propria pelle. L’acquisizione di un Io pelle serve per accedere all’identità sessuale e ad affrontare la problematica edipica, per liberare il desiderio sessuale dal ruolo di controinvestimento delle frustrazioni precoci subite dai bisogni dell’Io psichico e dalle pulsioni d’attaccamento.

L’attaccamento

La consapevolezza di provare attaccamento è una dimensione umana che ci mette in una situazione paradossale, cioè: “per essere me stesso devo relazionarmi agli altri, ma mi devo anche differenziare. Più ho bisogno degli altri, perché non mi sento solido, più sento l’altro come pericoloso; un vissuto di una penetrazione da parte dell’altro. E’ solo nutrendoci degli altri che potremo sfuggire la loro persecutorietà e le attese che ha l’altro su di me”. (Jaemmet)

E’ importante che i genitori permangono come “base sicura” specialmente nei momenti di disagio o di stress, per cui appare ampiamente condivisibile l’idea che in realtà l’individuazione debba essere vista non come una presa di distanza dai genitori, ma piuttosto qualcosa insieme a loro”. (Ammaniti)

La difficoltà di prendere da un altro, d’interiorizzare una relazione di dipendenza può essere legata a situazioni di deprivazione affettiva, che non hanno consentito lo sviluppo di un equipaggiamento interno adeguato.

Spesso il ricorso massiccio a difese paralizzanti appare come un riparo dalla frammentazione, come un tentativo di sopravvivere in situazioni carenti, ma allo stesso tempo, sembra essere anche un desiderio inconscio di restare attaccata in modo adesivo ad un unico oggetto prezioso ed insostituibile. (E. Bick)

Bion spiega come il processo d’interiorizzazione non sia per un neonato un processo innato ma, che si acquisisce attraverso la relazione con un oggetto che dia un senso emotivo alle sue esperienze. Per dare un nome alle esperienze emotive e renderle pensabili è necessaria, infatti, l’interiorizzazione di un oggetto esterno capace di svolgere tale funzione: il contenitore.

Winnicott crede che la precocità delle carenze materne, se si verificano proprio quando il bambino cerca di conquistare la propria indipendenza, produca una dipendenza patologica. Le funzioni materne descritte da Winnicott (holding, handling) conducono progressivamente il bambino a differenziare una superficie che comporta una faccia interna ed un’esterna, cioè un’interfaccia che permette la distinzione del dentro e del fuori ed un volume ambiente nel quale si sente immerso, una superficie ed un volume che gli danno l’esperienza di un contenitore.

L’introiezione della relazione madre-bambino, da parte del bambino piccolo, come relazione contenitore-contenuto e conseguente costituzione di uno “spazio emozionale” e di uno “spazio del pensiero” è fondamentale per la costruzione di un apparato per pensare i pensieri (Bion).

Bion ha mostrato come il passaggio dal non-pensare al pensiero si fonda su una capacità di cui è necessario che il neonato faccia un’esperienza reale per il proprio sviluppo psichico, cioè la capacità propria del seno materno di “contenere” in uno spazio psichico delimitato, le sensazioni, le tracce mnestiche, gli affetti che irrompono nella sua nascente vita psichica. Il seno-contenitore offre la possibilità di raffigurazioni, di legami e d’introiezioni. 

Se la funzione contenente della madre non viene introiettata dal bambino, all’introiezione si sostituisce un’identificazione proiettiva patologica.