Maltrattamento sui Bambini: la Patologia delle Cure

di Cinzia Saponara

Maltrattamento sui Bambini: la Patologia delle Cure

PREMESSA

Per Competenza genitoriale si intende: l’insieme dei comportamenti che rendono il caregiver capace di mantenere una relazione caratterizzata da protezione e sostegno adeguati ad accompagnare la crescita del proprio figlio, riconoscendone i bisogni, rispondendo in modo sufficientemente adeguato, mettendo in campo molteplici abilità utili ad accompagnarlo nel suo percorso di crescita, in relazione alle diverse fasi evolutive e agli accadimenti familiari. Si tratta di una competenza articolata, connessa alla storia di figlio che ciascun genitore ha avuto, allo stile di attaccamento alle proprie figure di riferimento, alla personalità, alla qualità della relazione con il partner, alla situazione psicologica e sociale attuale, alle caratteristiche dei figli in termini di temperamento e risorse. Possiamo sinteticamente dire che: la genitorialità è archetipo della cura.

La patologia delle cureindica, al contrario, l’inadeguatezza o l’insufficienza delle cure fisiche e/o psicologiche fornite al bambino in rapporto al suo momento evolutivo (Montecchi, 1998).

Tale patologia individua tre forme di inadeguatezza:

  1. incuria: quando le cure sono latenti;
  2. discuria: quando le cure sono distorte;
  3. ipercura: quando le cure sono eccessive.

L’incuria: si verifica quando il/ i caregiver del bambino non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni sia fisici che psichici in rapporto all’età e al momento evolutivo. Rientrano quindi nella categoria dell’incuria anche quei casi in cui i genitori, pur occupandosi dei bisogni nutrizionali del figlio, non rispettano i suoi bisogni affettivi, emotivi e di socializzazione. Si possono avere, quindi, diversi gradi di questo tipo di abuso, che vanno dall’abbandono al disinteresse per i bisogni emotivi del bambino. Tali situazioni costituiscono lo stile relazionale del genitore col minore, pertanto sono continuative e durature. I “fattori o indicatori di rischio”, che permettono una diagnosi precoce della suddetta patologia, impedendo così il cronicizzarsi della situazione di abuso, si possono rilevare al solo colloquio con i genitori, attraverso:

  • Notizie sullo stato di salute: notizie anamnestiche mancanti o parziali, assenza del monitoraggio dello stato di accrescimento e di azioni preventive periodiche quali le vaccinazioni; disturbi organici e patologie croniche non adeguatamente curati o considerati;
  • Segnali fisici:vestiti inadeguati all’età, al sesso, alla stagione; scarsa igiene e dermatiti recidivanti, soprattutto scabbia e pediculosi; distorsione delle abitudini alimentari con denutrizione o ipernutrizione; problemi di salute non riconosciuti dai genitori; rallentamento della crescita con rachitismo (quando il bambino viene allontanato dalla situazione deprivante si assiste ad un graduale recupero di statura e peso), carie dentali non curate, disturbi visivi o uditivi non trattati;
  • Segnali comportamentali: ritardo del linguaggio, ritardo psicomotorio; iperattività e disturbo dell’attenzione, pseudo insufficienza mentale; frequenti assenze scolastiche fino all’evasione dell’obbligo o scarso rendimento scolastico; il bambino è soggetto ad avere frequenti infortuni domestici e/o ingerire sostanze tossiche non essendo in grado di percepire il pericolo perché non ha un’esperienza di contenimento e attenzione-protezione da parte dei genitori; pigrizia, svogliatezza e stanchezza; difficoltà di rapporto con i coetanei, tendenza all’adultomorfismo con inversione dei ruoli; disturbi alimentari, uso precoce di tabacco alcool e droghe, possibile sfruttamento lavorativo e sessuale.

La discuriaè la distorsione della prestazione della cura. In realtà le cure vengono effettuate, ma non sono adeguate al momento evolutivo del bambino. Si basano su un’immagine distorta che l’adulto si rappresenta del bambino a cui quest’ultimo in genere si adegua. Si caratterizza da richieste, da parte dei genitori, di acquisizioni precoci o di prestazioni non congrue all’età del bambino, oppure, al contrario, si manifestano modalità di accudimento proprie di fasi di sviluppo precedenti, iperprotettività, attenzioni eccessive, soprattutto da parte della madre, per poter soddisfare il desiderio di mantenere una fusionalità con il proprio figlio. Tale situazione è estremamente simile a quella del maltrattamento psicologico, anche se molto spesso i genitori sono ignari della violenza che stanno esercitando, spesso anzi pensano di agire per il bene dei propri figli e inconsapevolmente possono causare danni maggiori.

La discuria produce:

  • Anacronismo delle cure (ad esempio, alimentazione inadeguata per l’età);
  • Imposizione di ritmi di acquisizione precoci (richieste irrealistiche del controllo sfinterico, nella motricità o nel ritmo del sonno);
  • Aspettative irrazionali (richiesta di prestazioni superiori alla norma: deve essere il più bravo in qualsiasi attività intraprenda). La situazione diventa ancora più grave quando il bambino presenta delle difficoltà fisiche o psichiche che rendono più profondo il distacco tra il bambino idealizzato dal genitore e il bambino reale.

L’IPERCURA: L’ipercuraconsiste in un atteggiamento di cura esagerata ed eccessiva del bambino. Questo comportamento genitoriale si fonda su una visione non realistica del bambino e dei suoi bisogni; può essere catalogata in 5 tipologie: sindrome di Munchausen per procura, medical shopping per procura, help seeker, abuso chimico, sindrome da indennizzo per procura.

La Sindrome di Munchausen per procuraè la forma più grave, il pediatra inglese Roy Meadow, nel 1977, coniò tale termine1. Attualmente la denominazione ufficiale secondo il DSM V non più quella di sindrome di Münchausen per procura, ma Disturbo fittizio provocato ad altri, i criteri diagnostici sono i seguenti:

  • Falsificazione di segni o sintomi fisici o psicologici, o induzione di un infortunio o di una malattia in un altro individuo, associato a un inganno accertato.
  • L’individuo presenta un’altra persona (vittima) agli altri come malata, menomata o ferita.
  • Il comportamento ingannevole è palese anche in assenza di evidenti vantaggi.
  • Il comportamento non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale, come il disturbo delirante o un altro disturbo psicotico.

Il DSM V, aggiunge che la prevalenza del disturbo è di circa l’1% in ambito ospedaliero, l’esordio avviene nella prima età adulta spesso dopo il ricovero di un figlio. Tale sindrome, assume grande importanza in ambito pediatrico, psicopatologico e legale, sia per le difficoltà di riconoscimento che per le gravissime conseguenze che ha sul bambino che ne è vittima.

Il genitore, generalmente la madre, si spinge sino a simulare: “forma passiva” o procurare: “forma attiva” sintomi o vere e proprie malattie per potersi occupare in maniera ossessiva del figlio, sottoponendo il minore ad accertamenti e cure, producendogli talvolta gravi danni fisici oltre che psicologici.

Il comportamento conduce l’abusante, inoltre, a procurare lesioni, a distorcere i risultati delle analisi, a sottoporre il bambino ad accertamenti ed esami clinici anche molto invasivi, e persino ad interventi chirurgici, che possono mettere in serio pericolo l’incolumità del figlio e in alcuni casi procurarne la morte.

Si tratta di persone gravemente depresse, ansiose, solitamente maltrattate nell’infanzia, che usano i figli per trovare una forma labile di compenso a serie patologie di tipo dissociativo; il comportamento non mira coscientemente a danneggiare il minore, ma a procurargli attenzioni e cure da parte degli altri. L’epicentro relazionale coinvolge essenzialmente la diade madre-bambino, ma include inevitabilmente altri livelli relazionali: il padre, le rispettive famiglie d’origine (materna e paterna), le strutture sanitarie. La realtà della MSbP non ha in sé elementi sufficienti per sorreggersi da sola. Essa ha infatti bisogno di un contesto, di relazioni di riconoscimento sociale del potere e di ricerca della sua approvazione. Il contesto familiare sembrerebbe infatti svolgere un ruolo significativo, se non nel causare, almeno nel favorire e mantenere un pattern münchausen (Griffith J.L., 1988). In quasi tutti i casi osservati in letteratura, l’abuso avviene in un’abitazione dove coabitano entrambi i genitori della vittima.

La definizione trae origine dal protagonista della storia del barone di Munchausen che, dopo aver combattuto nell’esercito russo contro i turchi, si ritirò in un castello dove intratteneva i suoi ospiti raccontando delle storie inverosimili.

È meno probabile che una madre che abita da sola metta in atto tale abuso, e lo stesso sembra accadere nei casi di padri single, si parla di una famiglia estremamente invischiata in quanto la sua manifestazione sostiene tutto un sistema dai confini estremamente diffusi, dove la “malattia” del bambino richiama e convoglia tutte le energie e le attenzioni dei membri che ne fanno parte.

Il bambino solitamente si adegua alle richieste implicite e simula la malattia per continuare ad ottenere attenzione dalla madre e dal contesto, oppure perché vive la persecuzione materna come punizione per la sua cattiveria e si sente costretto ad obbedirle. In tutti i casi egli avverte che il suo adattamento è fondamentale per l’equilibrio dell’adulto.

Solitamente la figura paterna risulta abbastanza assente e nega l’abuso.

Le conseguenze psicologiche sul minore possono essere:

  • difficoltà scolastiche (le assenze per malattia generano problemi scolastici),
  • assenza di interazioni sociali (l’ospedalizzazione determina solitudine),
  • malattia vissuta come protezione o punizione,
  • percezione corporea distorta (non distingue le sensazioni reali da quelle indotte),
  • patologia psichiatrica (disorientamento spazio-temporale, allucinazioni, frammentazione del sé).

La diagnosi è legata ad un’attenta anamnesi della madre e alla possibilità di isolare il bambino da lei per verificare se in sua assenza i sintomi diminuiscono di intensità.

Elemento diagnostico fondamentale è l’atteggiamento tranquillo della madre che contrasta enormemente la gravità del quadro sintomatologico del bambino.

La prognosi è spesso infausta poiché la madre difficilmente è in grado di spostare i problemi sul piano psichico, essendo orientata a scaricare tutti i disagi sul versante somatico.

La Medical shopping per procurasi manifesta a seguito di una malattia grave che ha colpito il minore da piccolo, in questo caso genitori ansiosi ed eccessivamente preoccupati per la salute del proprio figlio, si rivolgono a numerosi medici per avere delle rassicurazioni. Poiché anche lievi patologie nel figlio vengono percepite come una grave minaccia per la vita del bambino, chiedono o fanno in modo che essi vengano ricoverati in ospedale o sottoposti a continui accertamenti.

Si differenzia dalla sindrome di Münchhausen per procura poiché il disturbo, spesso, materno è di tipo nevrotico-ipocondriaco e, accogliendo le ansie e le preoccupazioni che la madre proietta sul figlio, è possibile rassicurarla sullo stato di salute del bambino.

L’Help seeker: in questo tipo di patologia il bambino presenta dei sintomi fittizi indotti dalla madre, ma si differenzia dalla sindrome di Münchhausen per la frequenza con cui vengono indotti i sintomi e per la motivazione materna. Infatti, gli episodi sono sporadici e rappresentano un preciso bisogno della madre in particolari momenti. Il confronto con il medico spesso la induce a comunicare i suoi problemi, quali l’ansia e la depressione.

Di solito, se viene offerto un sostegno psicoterapeutico o proposto l’affidamento temporaneo del bambino, la madre accetta e si mostra disposta a collaborare.

Abuso chimico (chemical abuse): con tale termine viene indicata l’anomala somministrazione di sostanze farmacologiche o chimiche al bambino.

Le sostanze somministrate possono essere suddivise in quattro gruppi:

  • sostanze qualitativamente prive di proprietà tossicologiche ma che possono tuttavia diventare nocive se somministrate in quantità o modalità eccessive, (rientra in questo gruppo l’abnorme somministrazione di acqua);
  • sostanze con scarsa tossicità e di comune impiego domestico (ad esempio il sale da cucina);
  • sostanze ad azione farmacologica dotate di media tossicità e di facile reperibilità come lassativi, diuretici, glucosio, insulina;
  • farmaci dotati di spiccata tossicità ad azione sedativa e di non usuale disponibilità. Si tratta di solito di sonniferi prescritti alla madre dal medico curante: la loro somministrazione a dosi inadeguate causa nel bambino una sindrome neurologica grave che talvolta causa coma e/o morte.

Questa sindrome va sospettata quando ci si trova di fronte a sintomi non spiegabili in base alle consuete indagini di laboratorio e strumentali, che insorgono ogni volta che la madre ha un contatto diretto con il bambino.

Sindrome da indennizzo per procura: Si tratta di quei casi in cui la necessità dei genitori di avere un indennizzo (ad esempio nel caso di un infortunio) porta il bambino ad assumere dei sintomi riferiti dai genitori stessi.

La motivazione psicologica è quella del risarcimento e viene totalmente negata sia dai genitori che dal bambino; i sintomi variano a seconda delle conoscenze mediche della famiglia e la sindrome si risolve con totale e improvvisa guarigione una volta ottenuto il risarcimento.

CONCLUSIONI

Il maltrattamento all’infanzia rappresenta un problema sociale che va contrastato in tutte le sue manifestazioni.

I dati della seconda Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia realizzata da Terre des Hommes e CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia per l’Autorità Garante dell’Infanzia e Adolescenza) 2021, indicano che più di 77 mila minori, pari a 9 bambini su mille residenti, sono vittime di maltrattamento in Italia.

La forma di maltrattamento principale è rappresentata dalla patologia delle cure (voce che include incuria, discuria e ipercura) di cui è vittima il 40,7% dei minorenni in carico ai Servizi Sociali.

È stato osservato che i bambini o adolescenti vittime di tali maltrattamenti hanno riportato conseguenze negative sia fisiche che psicologiche come danni ad organi interni, incubi notturni, difficoltà nell’apprendimento, assenza di relazioni sociali, sindrome ipercinetica, perdita della capacità di riconoscere le sensazioni interne del proprio corpo.

Nonostante la patologia delle cure risulti sempre più conosciuta tra gli operatori che si occupano di infanzia e adolescenza, ancora si registrano casi di sottovalutazione, motivo per cui alcuni casi ancora oggi faticano ad emergere.

Nel DSM-5 i «problemi di maltrattamento e trascuratezza infantile» sono inclusi tra le «Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica», non sono quindi considerati disturbi mentali, ma sono stati inseriti con «lo scopo di attirare l’attenzione sulla portata di ulteriori questioni che si possono incontrare nella pratica clinica», ovviamente come raccomanda il manuale «a causa delle implicazioni legali di abuso e trascuratezza, si deve usare cura nel valutare queste condizioni».

Una volta diagnosticato con certezza il maltrattamento è importante intervenire appropriatamente. Per risolverlo in modo strutturale e sistemico occorre, oltre a curare le vittime e a perseguire i maltrattanti, anche attivare un’efficace azione preventiva che impedisca a priori il manifestarsi dei casi, interrompendone la trasmissione intergenerazionale.

Il principio che tutte le parti coinvolte sono tenute a rispettare è quello di assicurare al minore un “contesto di protezione” all’interno del quale si possano attivare i necessari interventi di sostegno e cura, che siano rispettosi dei tempi evolutivi e dei bisogni del minore e che impediscano comportamenti stigmatizzanti e colpevolizzanti, nonché pressioni psicologiche: le azioni protettive rischiano infatti di produrre possibili situazioni di vittimizzazione secondaria qualora non siano gestite con grande accuratezza e professionalità ed è per questo che diventa fondamentale una rigorosa attività di formazione degli operatori coinvolti che consenta di superare più agevolmente i meccanismi di negazione e difesa da cui questi ultimi possono non risultare immuni. Le professionalità coinvolte nella prevenzione e diagnosi del maltrattamento devono inoltre essere poste in grado di collaborare, privilegiando il lavoro di rete, condividendo principi e regole.

Il maltrattamento è solo un sintomo ed un effetto di una situazione familiare degradata e, insufficiente. Bisogna con un appropriato lavoro di prevenzione ed osservazione anticipare la soglia di intervento delle agenzie deputate alla cura del minore ed al sostegno della sua famiglia, penso soprattutto all’ambito della scuola e tra i pediatri – che consenta loro di leggere e recepire i segnali di allarme lanciati dal minore prima che si verifichino irreparabili conseguenze.

La collaborazione deve presiedere anche all’attività degli operatori del mondo della giustizia chiamati ad intervenire dopo la consumazione del fatto. Solo attraverso un intenso scambio di informazioni e un’attenta attività di coordinamento, i vari attori possono integrare i reciproci ruoli, agevolando, per quando possibile, l’effettivo recupero del genitore maltrattante o, quantomeno, delle parti più sane della famiglia.

BIBLIOGRAFIA

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  • Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, CISMAI, Fondazione Terre des Hommes (2021), Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia.
  • https://cismai.it/wp-content/ uploads/2021/04/ DossierMaltrattamento-2021-1 0-singole-1.pdf;
  • DSM – 5: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014;
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