NARCISO: IL MITO

di Raffaele Ioannoni

Quello di Narciso è un mito molto famoso. 

In un modo o nell’altro lo conosciamo tutti.

Narciso nacque dall’unione del dio fluviale Censo e della ninfa Lirope.

Questo ragazzo era bellissimo.

Si racconta che ovunque andasse facesse strage di cuori: tutti si innamoravano di quel giovane.

Ma Narciso, casto e puro, rifiutava di concedersi a chiunque.

Insomma, bello e impossibile.

Il giovane amava la caccia e passava quanto più tempo poteva nei boschi.

Un giorno, la ninfa Eco lo vide e subito se ne innamorò.

Eco aveva ricevuto una terribile punizione da Giunone: un giorno la ninfa aveva distratto con interminabili discorsi la moglie di Giove per permettere alle amanti di suo marito di nascondersi.

Giove era un romanticone, lo sanno tutti.

E Giunone, capito l’inganno della ninfa, decise di punirla in modo esemplare.

“D’ora in poi, maledetta Eco, tu potrai solo ripetere le parole che udirai e non potrai più parlare se non in questo modo.”

Eco, rimasta folgorata dalla bellezza del giovane, non vedeva l’ora di rivolgergli la parola… soltanto che non poteva parlare per prima!

Allora decise di fare rumore muovendo le fronde di un albero.

“Chi va là!” disse Narciso spaventato.

“…Là!” rispose Eco.

“Tu chi sei?”

“…Chi Sei!”

“Lasciami in pace! Non voglio avere nulla a che fare con te, vattene!”

“…non voglio avere nulla a che fare con te, vattene!”

Il bel giovane, infastidito del comportamento della ninfa, se ne andò.

Ma Eco non si diede per vinta e lo seguì.

Prima per un giorno, poi per un altro e poi un altro ancora, ma Narciso proprio non ne voleva sapere di quella ninfa fastidiosa!

Come ogni mito che si rispetti, la storia ha un tragico epilogo.

La povera Eco visse tutti i suoi giorni invocando Narciso finché, consumata dal suo amore impossibile, perse ogni cosa. 

Di lei rimase solo la voce che costantemente ripeteva le ultime sillabe dei viandanti che passavano lungo la strada.

Fu allora che la dea Nemesi, provando pietà per la ninfa, decise di punire Narciso.

Lo condusse verso uno specchio d’acqua limpida ed il giovane, che mai aveva visto la propria immagine, si guardò per la prima volta.

Narciso rimase folgorato dalla propria bellezza e si fermò a mirare e rimirare la sua immagine riflessa nello specchio d’acqua per tutta la sua esistenza.

Consunto da questo vano amore, Narciso si spense e il suo corpo, ormai privo di vita, fu sostituito dalla dea Nemesi con un piccolo fiore.

Ancora oggi questo fiore porta il nome di quel giovane che per arroganza, mai si concesse a niente e nessuno, rimanendo innamorato solo di una vana illusione.

IL NARCISISMO E L’INDIVIDUO.

Buona parte della psicologia, tende a concepire il narcisismo come una struttura nella quale l’altro non esiste: il narcisista, perennemente innamorato di sé, userebbe l’altro solo come uno strumento da manipolare per ottenere i propri scopi…

In questo articolo vorrei dare una spiegazione diversa. 

Iniziamo con il fare chiarezza: il termine narcisismo si riferisce a tutto ciò che ha a che fare con un io che si rapporta a sé stesso: in questo senso, masturbarsi è narcisistico, truccarsi è narcisistico, vestirsi bene per un’occasione speciale è narcisistico, curare il proprio aspetto e la propria figura è narcisistico etc etc..

Tuttavia, il narcisismo si configura sempre come una coppia.

“Ma come è possibile?” potresti pensare.

Prova a riflettere…

Quando ti guardi da solo allo specchio in quanti siete?

Sempre in due! Uno che guarda ed uno che è guardato! 

La prima operazione che compie lo specchio è quella di sdoppiarti… è come se ci fossero due io: un io che getta il proprio sguardo verso lo specchio, ed un io che getta il proprio sguardo dallo specchio.

In sintesi, c’è un io, colui che guarda chiamato soggetto, ed un me, cioè colui che è guardato, chiamato oggetto: il me è la reificazione dell’io con la quale ci si identifica.

Per capire questo gioco ti faccio una domanda: come fai a sapere di che colore sono i tuoi occhi?

Oppure prova a completare questa frase:

Io sono……

Alto? Basso? Bello? Brutto? Intelligente? Stupido? 

Ecco la natura del me, ovvero l’immagine che assumiamo di noi stessi in modo mediato (non immediato!) e che diamo agli altri. 

Il me è la risposta più semplice alla domanda “Chi sono io?”

“Eccomi lì! Io sono quella cosa che vedo riflessa nello specchio!” 

E così si apre alla dialettica tra l’io ed il me, quella immagine che l’io assume come propria rappresentazione.

Io è un altro, come diceva Rambeau.

Ad esempio, Instagram è interamente costruito sul me: ogni pagina personale è un piccolo tempietto in cui l’individuo costruisce il proprio me come un oggetto da mostrare agli altri utenti.                                            Ed è subito sdoppiamento ed alienazione…

La divisione allo specchio permette la nascita dell’io ideale, che altro non è che il me, ravvisabile nell’insieme di attributi usati per descrivere quell’immagine che vediamo, che desideriamo, che crediamo di essere.                             Questa parola, tuttavia, racchiude in sé una piccola trappola: il sinonimo di ideale non è perfetto ma irreale. Quindi attenzione! Si tratta di io-ideale ogni volta che si attribuiscono a se stessi o all’altro, qualità che non è detto gli appartengano, sia in senso encomiastico che dispregiativo.Se vuoi un esempio più concreto, l’io-ideale emerge chiaramente nelle prime fasi dell’innamoramento: hai mai posto attenzione al modo in cui un uomo o una donna parlano del loro nuovo partner o della loro nuova fiamma? O magari al modo in cui tu ne parli?                                        Hanno sempre delle qualità che rasentano il divino, qualità che sono ideali, cioè illusorie! Infatti, spesso, quando passa la fase di innamoramento e non si è più così accecati dal proprio ideale (cioè dal me di speculare memoria che si proietta sull’altro)si sentono frasi del tipo: “non è come credevo”,” si è rivelata un’altra persona” etc etc etc…Ed ecco che nel mito di Narciso la struttura dell’io-ideale appare chiaramente: entrambi i protagonisti attribuiscono all’altro qualità illusorie; l’una in senso encomiastico, l’altro in senso dispregiativo…    

 Esistono molte versioni del mito di Narciso. Io ho raccontato la versione di Ovidio (se noti gli dèi hanno nomi latini) perché compare la figura di Eco. Eco e Narciso sono due figure dell’umano. Sono una il negativo dell’altro, sono soggetto e oggetto sono l’io ed il me, continuamente reversibili.

LUCI E OMBRE DEL NARCISISMO.

Eco è perdutamente innamorata di Narciso e tutta la sua esistenza si esaurisce nel ripetere alla lettera ciò che dice l’altro. Eco è l’eterna innamorata dell’idolo: è un soggetto perso nella contemplazione. Nel nostro mondo, le Eco abbondano: pensa a tutte quelle persone che ripetono come un mantra ciò che hanno sentito dire, quelle persone che pendono dalle labbra dell’altro o che lo imitano in tutto e per tutto: Eco è colei che nulla ha perché tutto le è stato sottratto o, meglio, perché tutto è stato attribuito all’altro, in questo caso il me. E così l’altro di Eco è una persona perfetta per la quale struggersi e alla quale è impossibile rinunciare… Per un esempio concreto, pensa a tutte quelle persone che rimangono invischiate in una relazione in cui, nonostante siano trattate male dal proprio partner, non riescono a vederlo da una prospettiva differente e ritengono di meritarsi quanto ricevono… l’altro di queste persone, evidentemente misconosciuto, è solo il pallido simulacro del loro ideale.

Narciso, di rimando, è l’opposto di Eco. È colui che ha deciso di essere l’ideale, di incarnarlo e, essendo perfetto, mai si dà né si concede perché nessuno è alla sua altezza: del resto l’essere perfetto è colui che non manca di nulla. E chi è l’altro di Narciso? Beh, è l’oggetto di scarto, l’oggetto che incarna tutte le sue debolezze, il lato odiato, il fastidio, l’essere abietto. In fondo è come se il Narciso di Ovidio dicesse:

Vattene Eco! Mi fai schifo!

Da un lato, Eco è colei che, essendo svuotata, si fa incantare dall’altro, ritenuto perfetto e lo segue e lo ripete, acriticamente. Eco è colei che non ha nulla, perché si è totalmente riversata sull’altro. Narciso, invece, è colui che incanta perché ritenuto avere tutto ciò che si possa desiderare e, di rimando, tratta il suo altro come uno scarto, uno schifo, una pezza da piedi… Infatti, se noti, per entrambi, l’altro non è niente di più di un’estensione di sé, una proiezione dei propri contenuti ideali. Questi individui sono molto abili nell’incantare l’altro, che il più delle volte si pone nella posizione di Eco, per poi renderlo il proprio oggettino. 

Ma attenzione! Se da una parte c’è una persona che vede l’altro solo come un oggetto, dall’altra parte c’è un individuo che è incapace di vivere una relazione se non degradandosi ad oggetto dell’altro. 

Le cose si fanno sempre (almeno) in due. 

Ma queste figure hanno anche luci e non solo ombre. Pensaci. Nella vita siamo stati tutti sia Eco che Narciso.

L’esempio emblematico è la coppia alunno-maestro.

Ti racconterò una mia esperienza.

Non ero mai stato un amante di storia dell’arte, anzi la trovavo terribilmente noiosa.

Tuttavia, al liceo ho avuto un professore bravissimo, capace di incantare i suoi studenti con passione e carisma. Era bravissimo, un buon Narciso se volete… ma ecco che la sua bravura è stata quella di fare da tramite, da ponte, tra lui e la materia permettendo a noi studenti di spostare il nostro investimento dalla sua figura all’oggetto di studio.

Un buon professore è colui che è in grado di mettersi nella posizione di Narciso, ovvero che è in grado di incantare e di far innamorare. E un buon alunno, se vuole imparare, deve necessariamente mettersi nella posizione di Eco perché dev’essere disposto a farsi incantare e a ripetere ciò che studia. Se la relazione funziona, ecco che la magia si crea e così può nascere l’amore. Ma il buon professore è colui che prima fa sì che gli alunni si innamorino di lui, in senso platonico è evidente, e che poi è in grado di spostare questo amore da sé alla materia che insegna. L’alunno è un buon alunno se inizialmente si mette nella posizione di Eco, cioè di colui che vuole avere l’amore dell’altro ma che poi, una volta che si è effettuato lo spostamento, è in grado di lasciare la sua posizione per iniziare a pensare con la propria testa. 

Inoltre, l’amore di sé è necessario all’individuo per potersi strutturare come persona e permettergli di vivere la sua vita in autonomia, seguendo le proprie idee. Il narcisismo è necessario per amarsi e anche per amare. Se non ti ami, come puoi rispettarti? Come puoi prenderti cura di te? E potrà sembrare paradossale ma… come fai ad amare qualcun altro? Coloro che si detestano, che si disgustano non saranno mai in grado di amare autenticamente qualcuno perché tutte le relazioni saranno improntate su invidia, gelosia ed idolatria… che altro non sono che nostre idee che proiettiamo sull’altro.

E poi non era forse quel tale che diceva ”ama il prossimo tuo come ami te stesso?”

Dunque, il narcisismo è solamente una condizione che può aprire all’amore per l’altro e alla capacità di seguire le proprie idee ed i propri desideri. Se, però si rimane troppo invischiati in una di queste figure, ecco che l’amore di sé diventa cieca vanagloria e gli altri uno spettro della Eco o del Narciso che siamo stati ma che non siamo stati capaci di abbandonare. Ed ecco che l’altro si trasforma nel pallido fantasma di noi stessi, un idolo che rappresenta ciò odiamo o ciò che amiamo solo con la fantasia.