Realtà virtuale e salute mentale

La salute mentale può essere considerata come un continuum, che ha come estremità da una parte il benessere, inteso come un equilibrio tra la presenza o meno di sintomi psicopatologici, un livello adeguato di autonomia funzionale, occupazionale e nella gestione del tempo libero e all’altra estremità il malessere inteso come sindrome psicopatologica. Secondo molti autori ed esperti, la tecnologia ha elevato la nostra evoluzione, ampliando a dismisura la nostra capacità di sfruttare le affordances, cioè gli stimoli salienti per il nostro sistema fisiologico e neurofisiologico, e del nostro Umwelt, ovvero l’ambiente e lo spazio in cui avvengono le continue relazioni di sistema tra noi e i “nostri” stimoli-affordances. Le tecnologie allora possono essere considerate dei nuovi stimoli salienti di questo sistema, in grado di essere al servizio dei nostri bisogni e motivazioni, rendendo sicuramente diversa, auspicabilmente migliore, la nostra user experience nella realtà che ci circonda e a cui apparteniamo.

L’uso della Realtà Virtuale nell’ambito della salute

I principali campi di applicazione della realtà virtuale sono la medicina (in particolare per l riabilitazione motoria e cognitiva) e la psicologia (specie per il trattamento dei disturbi d’ansia e del comportamento alimentare). Attraverso la realtà virtuale, grazie a una strumentazione apposita come un visore, l’utente viene “spostato” dal suo mondo fisico e viene inserito in una percezione di un ambiente virtuale; maggiore è la stimolazione dei sensi nella persona, quindi non solo vista ma anche udito, tatto, e olfatto, e maggiore sarà il senso di presenza, immersività e verosimiglianza dell’esperienza reale-virtuale. La persona all’interno dell’ambiente virtuale sarà libera di interagire e agire con oggetti e con altre persone in formato virtuale-avatar e, cosa da non sottovalutare, potrà farlo in tempo reale. La presenza comporta la sensazione di essere lì, nel luogo virtuale e non in quello fisico dove l’utente si trova realmente (Lallart, 2009), a tal punto che il Sistema Nervoso Autonomo reagisce come se avesse davanti la situazione reale corrispondente. Tale approccio è particolarmente utile anche nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo in quanto le suddette tecniche sembrano essere particolarmente utili se finalizzate ai processi di integrazione funzionale, ma soprattutto per l’incremento della comunicazione.

Bibliografia

Chen, J. L., Leader, G., Sung, C., & Leahy, M. (2015). Trends in employment for individuals with Autism Spectrum Disorder: A review of the research literature. Review Journal of Autism and Developmental Disorders, 2(2), 115-127.

Chung, E. Y.-h. (2020). Robot-mediated social skill intervention programme for children with Autism Spectrum Disorder: An ABA time-series study. International Journal of Social Robotics.

Hill, D. A., Belcher, L., Brigman, H. E., Renner, S., & Stephens, B. (2013). The apple ipad(TM) as an innovative employment support for young adults with Autism Spectrum Disorder and other developmental disabilities. Journal of Applied Rehabilitation Counseling, 44(1), 28-37.

Hillier, A., Campbell, H., Mastriani, K., Izzo, M. V., Kool-Tucker, A. K., Cherry, L., & Beversdorf, D. Q. (2007). Two-year evaluation of a vocational support program for adults on the autism spectrum. Career Development for Exceptional Individuals, 30(1), 35-47.

Huijnen, C. A. G. J., Lexis, M. A. S., Jansens, R., & de Witte, L. P. (2016). Mapping robots to therapy and educational objectives for children with Autism Spectrum Disorder. Journal of Autism and Developmental Disorders, 46(6), 2100-2114.