Sull’importanza del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la violenza sulle donne è un problema di salute di proporzioni globali. È un fenomeno in crescita che ha numerose conseguenze non solo sulle donne, a livello psicologico, sociale e relazionale, ma sulla società tutta. È un fenomeno pervasivo, per cui sono necessari interventi decisi ed efficaci a livello sociale e culturale, insieme ad una presa in carico globale delle donne. In questo quadro, gli psicologi possono svolgere un ruolo fondamentale.
Il 25 novembre appena trascorso è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, ufficializzata dalle Nazioni Unite nel 1999. È una giornata di riflessione, confronto, rabbia, dolore, forza e coraggio.
I dati condivisi sono sempre più allarmanti e disegnano una situazione che sottolinea l’importanza di giornate come il 25 novembre. Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3. In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Tra il 1° gennaio e il 19 novembre 2023 in Italia sono stati commessi 106 femminicidi. Sono state uccise 106 donne, una ogni tre giorni. 87 donne sono state uccise in ambito familiare o affettivo, di cui 55 per mano del partner o dell’ex.
Sono 30.581 le chiamate registrate al numero antiviolenza 1522 nei primi 9 mesi del 2023 (dati Istat). Circa i due terzi delle chiamate viene poi indirizzata ai servizi più idonei, che in oltre 9 casi su 10 sono centri e servizi antiviolenza, case protette e di accoglienza. Nel 2023, il 47,6 per cento dei casi ha chiesto aiuto poiché vittima di violenza fisica, a seguire c’è la violenza psicologica. La maggior parte delle vittime riporta un lungo vissuto di violenze e in quasi 8 casi su 10 si tratta di violenza in ambito domestico. In oltre la metà dei casi i figli hanno assistito alla violenza. Le vittime hanno dichiarato di aver paura di morire, di temere per la propria incolumità e dei propri cari, di provare ansia e di essere in grave stato di soggezione. Emerge una persistente resistenza a denunciare: solo il 15,8% ha denunciato la violenza subita a causa della vittimizzazione secondaria da parte del sistema giudiziario e dei media.
Nonostante tutto questo, si investe ancora troppo poco in prevenzione. Se ne parla ancora poco, spesso in modo confuso. Il ruolo degli psicologi, tra i tanti, è proprio quello di aiutare a sensibilizzare sul tema: conoscerne gli aspetti psicologici, ma anche sociali e culturali, imparare a riconoscere i primi segnali di violenza, sviluppare sensibilità ed empatia, aiutare ad assumere un atteggiamento non giudicante ma accogliente del dolore altrui, riflettere su come si parla di violenza e perché spesso si innalzano difese consce o meno nelle discussioni sul tema. Sono tante le modalità di condivisione e prevenzione del problema della violenza contro le donne, ma qualcosa deve muoversi. Deve avvenire un cambiamento radicale a livello sociale e culturale, dobbiamo comprendere che tutti ne facciamo parte e assumerci, come individui e come società, la responsabilità di dover intervenire, adesso.