Tsundoku: la tendenza ad accumulare libri
Negli ultimi anni, si è diffuso il termine giapponese di Tsundoku, per indicare la pratica, molto comune, di collezionare un’enorme quantità di libri, che spesso non si riescono a leggere.
La lettura, si sa, è un passatempo che aiuta a mantenere allenato il cervello, migliora le capacità mnemoniche e aiuta a rilassarsi. È talvolta un viaggio introspettivo, un luogo in cui perdersi e ritrovarsi.
Come diceva Umberto Eco, “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.“
Appurato che la lettura, sia importante, c’è però differenza tra accumulare libri e leggerli realmente.
Il fenomeno Tsundoku consiste nella tendenza ad allungare la lista dei libri da leggere, senza però dedicare la stessa attenzione e lo stesso tempo alla lettura vera e propria. Si accumulano libri sul comodino, sperando che la sera ci sia la tranquillità per dedicarsi a sfogliare le pagine. Si riempiono scaffali della propria libreria, con il desiderio di poter scegliere tra più titoli.
A volte, questa tendenza provoca liti in famiglia per l’appropriazione di spazi comuni o per spese eccessive in momenti poco appropriati.
Anche i libri digitali, oggi, hanno contribuito all’aumento del Tsundoku, anche perchè non sono effettivamente visibili e non c’è neanche bisogno di uscire di casa per cedere all’impulso delle compere.
Ciò che meraviglia, però, è che la soddisfazione dell’acquisto viene bilanciata dal senso di colpa di sapere di non riuscire a leggerli per svariati motivi.
La spinta al Tsundoku ha un che di romantico: in quel determinato libro posso trovare la frase adatta a me. Ma si può essere anche altruisti, lasciando in bookcrossing la possibilità ad un altro lettore di perdersi nella lettura…