Tutta colpa di Gauss: la perversione del tutti uguali. Bambini persi tra un quoziente intellettivo compreso tra 71 e 84

di Roberto Ghiaccio

Tutta colpa di Gauss

Nell’ormai rimpianto 2014 usciva un film, Tutta colpa di Freud, nel 2021 vorrei scrivere è tutta colpa di Gauss. Si capirà non sono certo di ispirazione freudiana, anzi, sono guassiano, psicometrista accanito, incallito, su ranghi percentili, distribuzioni, curve…però a tutto c’è un limite, e non è il limite di una funzione, ma il limite di una umanità, una biodiversità, una neuro varietà che non può annullarsi in un paradigma assimilazionista, dove chi si discosta dalla media, chi è un po’ ai limiti dei margini della campana deve rientrare all’interno della campana.

Una nuova patologia bussa alle porte: la sindrome normotica. In un tempo in cui i bambini non vanno a scuola col grembiule ma col camice una WISC non si nega a nessuno, ovviamente una Wechsler Intelligence Scale for Children- IV. Eppure, il buon vecchio Gauss diceva, la più grande soddisfazione non è la conoscenza, ma il processo dell’apprendimento, non il possesso del sapere, ma il processo per raggiungerlo, oggi parliamo di quei bambini i cui processi o prodotti ricadono in una zona limite, proprio sulla parabola discendente della curva di Gauss.

Il Funzionamento Intellettivo Limite (FIL) è definibile come una meta-condizione di salute che richiede specifiche cure pubbliche, educative ed anche attenzione legale. È caratterizzato da disturbi cognitivi che possono essere eterogenei e che sono tuttavia accumunati dalla presenza di un Quoziente Intellettivo (QI) totale il cui punteggio è compreso tra 71 e 84 e da un deficit nel funzionamento personale, che limita le attività e la partecipazione sociale (Salvador-Carullaa et al., 2013).

I bambini FIL possono presentare deficit cognitivi, impaccio motorio e difficoltà nel costruire relazioni affettive soddisfacenti, in un quadro che aumenta sensibilmente la probabilità di sviluppare patologie psichiche durante l’adolescenza e l’età adulta, ponendo questi soggetti ai margini dell’attività sociale (Emerson, Einfeld, e Stancliffe, 2010; Hassiotis, Tanzarella, Bebbington, e Cooper. 2011). Ad oggi, anche dopo l’introduzione del DSM5, il FIL rimane una categoria clinica scarsamente definita ed anche marginale.

Molto scarsa è la ricerca sul funzionamento intellettivo limite, si tratta di una specie di “limbo diagnostico” tra normalità e disabilità intellettiva. Nel 2000 il DSM IV-TR gli dedicava poche righe a pag. 783, nel 2013 il DSM 5 7 righe a pag.845. I l cosiddetto FIL, funzionamento intellettivo limite, non è presente come entità diagnostica all’interno dell’ICD 10, alle volte è forzato in nella categoria R41.8, «Altri sintomi e segni non specificati associati alle funzioni cognitive e alla coscienza». Il codice R41.83, che talora si riscontra in alcune diagnosi, non è un codice ICD ufficiale dell’OMS.

Questo è un codice presente nella modifica statunitense dell’ICD-10-CM, utilizzato prevalentemente per scopi forensi e assicurativi. A dover di corona va ricordato che nel DSM IV i l Funzionamento Intellettivo Limi te (V62.89 e R 41.8) veniva collocato in «Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica», e venivano fornite specifiche indicazioni, in particolare sull’uso delle deviazioni standard, per porre la diagnosi: «Questa categoria può essere usata quando l’oggetto dell’attenzione clinica è associato con un funzionamento intellettivo limite, cioè, un QI di 71-84.

I notevoli cambiamenti introdotti dal DSM- 5, e quelli che verrano introni dall’IDC -11 non sono solo terminologici e relativi ai criteri diagnostici, ma suggeriscono un cambiamento di rotta: minore ricorso ai punteggi di QI e una maggiore importanza ai processi di adattamento. Tuttavia, bisogna evitare di rendere il FIL un cestino psichiatrico, dall’alto rischio tassogeno moltiplicando etichette come ‘borderline cognitivo’, ‘funzionamento intellettivo borderline’, ‘slow learner’ che rendono la definizione ancora più ambigua.

Il Fil si configura come una metasindrome, una meta-condizione per meglio dire, ancora non ben definita, in cui ricade tra il 14 ed il 7% della popolazione dove possiamo trovare gli esiti di sindromi genetiche e dismetaboliche, i residui di un ritardo dello sviluppo, gli effetti di altri disturbi del neruosviluppo, ADHD, autismo ad alto funzionamento, disturbi d’ansia e dell’umore, o anche, gravi disturbi dell’apprendimento reduci l’effetto San Matteo, ma anche forme di svantaggio socio-economico e scarsa stimolazione.

Questa fascia “non normale ma neppure con ritardo” necessita di particolare attenzione, non solo dal punto di vista psicometrico, ma dal punto di vista potenziale, come il bambino risponde alle richieste socio-ambientali, alle richieste di apprendimento, ma soprattutto quali punti di forza trainanti del soggetto su cui fare leva ed ampliare l’area di sviluppo prossimale. Certo è che il Fil è una risultante, una condizione eterogenea, per cause e per profili di funzionamento, dove una debolezza cognitiva può portare a non rispondere in modo atteso e tipico alle richieste dell’ambiente esterno.

Presentano una lentezza esecutiva, una fatica, che prescinde dall’impegno profuso. Son bambini che necessitano di più spiegazioni, di esempi più concreti, che sfruttano stili cinestetici. Necessitano di tempi più lunghi di pause più frequenti. Possiamo ritrovare un funzionamento neuropsicologico caratterizzato da: lentezza nell’ acquisizione delle informazioni, viscosità cognitiva nella ricerca-elaborazione di soluzioni, opacità nell’integrazione di informazioni, difficoltà nel generalizzare gli apprendimenti, difficoltà di planning e sequencing, difficoltà nella memoria di lavoro, labilità attentiva con facile distraibilità.

La categoria Fil, terra di mezzo la confine tra normalità e patologia, vede in una chiara delimitazione psicometrica una vasta gamma di manifestazioni comportamentali. È un condizione complessa, caratterizzata da una grande variabilità, il QI nel range borderline deve associarsi a necessità di supporto per poter rispondere adeguatamente alle richieste del contesto di vita per poter definire una condizione clinica di FIL, la valutazione multidimensionale deve estendersi anche oltre che alle funzioni adattive anche alle funzioni di parenting.

Il FIL è una condizione pervasiva che può influenzare i l funzionamento generale della persona (e.g. Nouwens et al., 2017). Gli individui con FIL incontrano molti ostacoli nel corso della vita e presentano più elevati rischi di manifestare problemi educativi, di salute mentale e sociali (e.g. Salvador-Carulla et al., 2013). Prestazioni scolastiche carenti aumentano i l rischio di abbandono scolastico (e.g. Karande et al., 2008) e difficoltà generalizzate negli apprendimenti (e.g. Ninivaggi, 2009).

La letteratura ci segnala: Compromissioni a carico della memoria di lavoro (e.g. Alloway, 2010; Schuchardt et al., 2011), sia nella componente verbale che visuo-spaziale; Compromissioni a carico delle funzioni esecutive; carenze nella velocità di elaborazione (e.g. Bonifacci & Snowling, 2008); carenti abilità attentive e di concentrazione; pensiero concreto; carenti abilità di generalizzare conoscenze, strategie e apprendimenti (e.g. Ninivaggi, 2009) etc..

Carenti competenze sociali; difficoltà emotive e comportamentali in giovani (e.g. Nestler & Goldbeck, 2011) e bambini con FIL (e.g. Alesi et al., 2015); Maggiori livelli di ansia scolastica in bambini con FIL che con intelligenza nella norma (e.g. Alesi et al., 2015); Frequente comorbidità con altri disturbi o condizioni cliniche (e.g. DSA, disturbi del comportamento-ADHD, disturbi generalizzati dello sviluppo, disturbi di tipo psichiatrico; e.g. Hassiotis et al., 2008; Salvador-Carulla et al., 2013; Vianello et al., 2014).

Inoltre, viene segnalata una ricorrente comorbidità, un maggiore rischio di disturbi psichiatrici e problemi di salute mentale (e.g. Gigi et al., 2014; Einfield et al., 2011; Hassiotis et al., 2008; Nouwens et al., 2016), di uso e abuso di alcool o droghe (e.g. Gigi et al., 2014), di compor tament i suicidar i etc.; Maggiore rischio di esposizione ad ambienti poco stimolanti e svantaggio socio-economico e culturale (e.g. Emerson et al., 2010; Vianello, Di Nuovo, & Lanfranchi, 2014). Interessante la letteratura sulla co-occorenza tra FIL ed ADHD, e di come quest’ultimo potrebbe inficiare la prestazione intellettiva.

C’è una norma, una normalità che funge da riferimento, comunque sia stata ricavata, descritta, codificata, essa produce lo “scarto”, in questo scarto alcuni “are left in an undefined, often residual category”. Il FIL ci fa riflettere sulla necessita si superare il paradigma “assimilazionista”, fondato sull’adattamento del “diverso” ad un’organizzazione scolastica (e non solo) strutturata essenzialmente in funzione degli alunni – persone “normali”, dove la progettazione per non costruzione delle barriere riveste ancora un ruolo residuale. La finalità dell’ottica perversamente media è quella di portare il diverso a normalizzarsi il più possibile. Le ricadute sono rilevanti anche in ambito educativo: richiedere al diverso di normalizzarsi porta a ritenere che sia l’alunno a non riuscire a seguire i l programma scolastico, piuttosto che chiedersi se quel programma è adatto o adattabile all’alunno! misurazione della distanza che c’è tra il livello dell’alunno diverso e un presunto standard di adeguatezza, ma sul riconoscimento della rilevanza della piena partecipazione alla vita di tutti i soggetti, perché nessuna vita è minuscola.

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