Un mondo senza ansia? Che paura!
Un mondo senza ansia? Che paura!
Andrea è un ragazzo di 21 anni, con una brillante carriera accademica alle spalle, e le idee ben chiare sul futuro. Viene in seduta per problemi di ansia, in particolare nelle relazioni. La sua è un’ansia paralizzante, che lo spinge a vivere gran parte delle relazioni, soprattutto quelle sentimentali, nella sua fantasia.
Più precisamente, è innamorato di Asia, una ragazza che frequenta i corsi universitari con lui. Il sentimento per Asia è così forte, da mettere in dubbio il desiderio di scegliere una magistrale a Bologna, molto prestigiosa per il suo indirizzo e quello che vorrebbe fare. Non crede infatti nelle relazioni a distanza, e la sua scelta potrebbe ledere alla relazione. Il fatto è che Andrea, con Asia, non ci ha mai neanche parlato.
Nonostante, infatti, vive e rivive nella sua mente conversazioni e strategie per avvicinarla, al momento di doverlo fare l’ansia diventa così forte da provocare una grande e invalidante confusione mentale e somatoforme. Esplorando la catastrofe temuta, mi dirà alla fine del colloquio “vorrei solo che l’ansia non esistesse”.
Proviamo a ragionarci su: che succederebbe in un mondo senza ansia?
Immaginiamo, ad esempio, di essere studenti senza la minima traccia di ansia da prestazione. Cosa succederebbe? Molto probabilmente non studieremmo per l’esame. Non ci si attiverebbe quell’allarme che ci mette in guardia sul pericolo di ledere la nostra immagine sociale (molto banalmente, di fare una brutta figura). Saremmo, in ultimo, bocciati.
Immaginiamo una cosa ancora più elementare, ovvero quella di non avere la minima ansia nell’attraversare la strada. Cosa succederebbe? Non guarderemmo a destra e a sinistra prima di attraversare. Non si attiverebbe, in questo caso, la spia circa il pericolo di ledere la nostra integrità fisica (ovvero il pericolo di morire).
Andrea è solo uno dei tanti pazienti che viene in seduta con la richiesta di non provare più ansia. Ma è una domanda che andrebbe ridefinita, per la nostra salvezza! L’ansia, al pari delle altre emozioni, è una guardiana importantissima su molti scopi personali, quali quelli di sopravvivenza e di immagine sociale. Il disagio psicopatologico subentra nel momento in cui l’intensità dell’ansia diventa molto alta, con poche strategie personali e sociali per farvi fronte. Solo in quel caso, allora, l’ansia diventa paralizzante e, nel vano tentativo di gestirla, da avvio a strategie fallimentari come evitamento, ruminazione, e diversi tipi di sintomi.
Allora quale sarebbe una domanda possibile in terapia? Quella di poterne diminuire l’intensità percepita, e aumentare le capacità di gestirla!
Perché un mondo senza ansia… che disastro!