Il bambino frustrato

Spesso i genitori si rivolgono allo psicologo con una specifica domanda: perchè mio figlio piange sempre?è frustrato?io sono disperato. Proviamo a comprendere le motivazioni che possono spingere un bambino a non tollerare l’attesa, attraverso il pianto.

Fin dalla nascita il bambino sperimenta piccole frustrazioni. Quando ha fame o ha il pannolino sporco il bambino solitamente si esprime attraverso il pianto.
Il momento che intercorre tra la sua richiesta e il soddisfacimento di un bisogno è un momento fondamentale, ovvero di attesa. Tanto più elevata è la motivazione connessa al livello di soddisfazione che può produrre la mèta, tanto più ci sarà la possibilità di tollerare la frustrazione.
Quando il genitore interviene immediatamente, nel bambino si crea l’aspettativa che ogni volta che lui piange interviene subito l’adulto a soddisfare la sua richiesta o bisogno.

Perché le attese creano frustrazioni?

Perché ciò che desideriamo non è in quel momento soddisfatto.
Crescendo, tutti noi nella nostra vita ci è capitato di far vincere un bambino ad un gioco per non creargli dispiacere, oppure siamo stati noi stessi ad incarnare quel bambino. Nei bambini, la soddisfazione immediata dei bisogni (un giocattolo, una merendina, un ausilio per la risoluzione di un compito difficile) ha sicuramente una componente di gratificazione sia sul piano personale che affettivo. Essa non produce un beneficio poiché, a lungo andare, tende a divenire una modalità comportamentale di risposta, ovvero una pretesa.
Ognuno di noi affronta la frustrazione in maniera diversa a seconda di come siamo stati abituati fin da piccoli e come abbiamo imparato a gestirla.
Ci possono essere due modi di reagire alla frustrazione:
1. Sentirsi un fallito, un perdente, arrabbiarsi ecc.;
2. sentirsi fiducioso della proprie capacità e risorse personali, credere che andrà meglio la prossima volta, ed essere capace di gestire l’attesa per il raggiungimento dei propri obiettivi.
Nel primo caso si tratta di un individuo “intollerante” alla frustrazione e spesso può presentare sintomatologie quali ansia, depressione, disturbi del comportamento come aggressività, oppositività nei confronti dei genitori o delle autorità in genere.
Nel secondo caso si tratta di un soggetto che è in grado di gestire le proprie emozioni negative, possiede buone capacità di adattamento sociale, buona autostima ed ha maggiori probabilità di raggiungere i propri obiettivi e successi.

Caratteristiche del bambino che non tollera le frustrazioni:

1. Non riesce a fare qualcosa e si arrabbia tirando oggetti, piangendo o urlando;
2. Fa una richiesta che non viene immediatamente soddisfatta e si mette a urlare, piangere o aggredisce;
3. Rinvia un compito perché pensa di non riuscirci;
4. Chiede esplicitamente “voglio subito questa cosa!” giungendo perfino a minacciarti.

COME GESTIRE LA FRUSTRAZIONE DEI BAMBINI

– Consolare il bambino ma non cedere alle sue richieste se non sono importanti o necessarie in quel momento
– Dare la possibilità al bambino di fare esperienza di piccoli insuccessi
– Incoraggiare a fronteggiare le difficoltà
– Dare la possibilità al bambino di confrontarsi con i bambini più tolleranti
– Creare delle piccole attese alle richieste del bambino
– Dare spazio alla comunicazione sulle emozioni negative che il bambino sta provando

Ricordiamo che non e’ giusto privare i bambini del sentimento della frustrazione. Infatti, come tutti gli altri sentimenti, la frustrazione, nella giusta dose, ha un compito ben preciso. Può educare il soggetto a rispondere adeguatamente alle richieste ambientali e relazionali: può spronare allo sviluppo dell’intelligenza e produrre nel soggetto un incentivo all’apprendimento e alla ricerca di nuove soluzioni (problem solving).

Se ritieni che tuo figlio non riesca a gestire in maniera adeguata le frustrazioni rivolgiti ad un esperto per richiedere un supporto adeguato.