Amore: tra ricerca di desiderio e costruzione di stabilità

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Un conflitto molto comune in amore è quello tra desiderio e stabilità. Le fiamme da una parte e la casa dall’altra: bruciare o costruire?

In realtà, ognuna di queste due esperienze da sola conduce all’insoddisfazione. Il desiderio, che tende a consumare l’oggetto, volge sempre verso un punto di perdita. Attacca il legame, poichè nega tutto ciò che si propone come unico, che minaccia la ricchezza del molteplice. Dal canto suo, la relazione priva di passione, fatta di routine e familiarità, offre la sicurezza e la protezione della casa ma è destinata ad appiattirsi, ad eclissarsi nelle sabbie mobili dell’assenza di erotismo e vitalità. Dunque, finché coltiviamo desiderio senza stabilità o stabilità senza desiderio, tenendo queste due parti di noi separate, non può esserci soluzione, siamo destinati a soffrire.

Rinnovare il desiderio nel tempo

“Si fa presto a dire “amore”. Ma quel che c’è sotto questa parola lo conosce solo il diavolo”. (U. Galimberti)

L’amore è un mistero. Un miracolo che non possiamo pretendere di spiegare. E’ una scintilla che si accende, un fuoco che divampa. Un’incognita che sconvolge la nostra vita emotiva. L’amore è quanto c’è di più prossimo alla follia, secondo Freud, una forza che sfugge alle regole della ragione.

Una delle cose più difficili nella vita di coppia è conservare la fiamma dell’amore sempre accesa. Saper rinnovare il desiderio nel tempo. Come quando non ci stanchiamo mai di guardare uno stesso paesaggio perché ci appare diverso ogni volta.

Lo spegnimento del desiderio non è un fenomeno naturale. Avviene per la paura di integrare il cambiamento, di vedere il ‘nuovo’ nel ‘vecchio’. Di esporsi a ciò che non è possibile conoscere a priori né controllare. Ci si rifugia nell’illusione di un partner prevedibile che dia quella sensazione di sicurezza che proviene dal familiare. Ci si attacca anche ai difetti dell’altro, pur di non cadere nella fascinazione e nella vulnerabilità dell’amore. Salvo poi la voglia di scappare da una quotidianità priva di entusiasmo ed alienante.

La costruzione in amore ai tempi della modernità liquida

Quanto è importante costruire in amore? L’amore è, nel suo stesso fondamento, costruzione. Nel Simposio di Platone, la profetessa Diotima di Mantinea, rivolgendosi a Socrate, afferma: “l’amore non è amore del bello, come tu credi (…) ma generazione e procreazione del bello”. Amare corrisponde dunque all’esperienza di voler partecipare al divenire del bello. E’ creare. Un impulso ad espandersi, ad aggiungere qualcosa al mondo che inizia ad esistere in modo nuovo. “E’ la possibilità di assistere alla nascita del mondo”, utilizzando le parole di Badiou.

In “Amore liquido” Bauman scrive: “Non è nella brama di cose pronte per l’uso, belle e finite, che l’amore trova il proprio significato, ma nello stimolo a partecipare al divenire di tali cose. L’amore è simile alla trascendenza; non è che un altro nome per definire l’impulso creativo e in quanto tale è carico di rischi, dal momento che nessuno può mai sapere dove andrà a finire tutta la creazione”.

Nella nostra cultura consumistica, in cui si ricercano prodotti pronti per l’uso, soluzioni rapide e gratificazioni immediate, anche l’amore viene ricercato, al pari delle altre merci, come un qualcosa che dia risultati in poco tempo, a zero rischi e senza troppa fatica.

Per quanto abbia potuto imparare sull’amore e l’innamoramento, la tua sapienza può giungere solo, come il Messia di Kafka, un giorno dopo il suo arrivo”. (Z. Bauman)

Verso una integrazione

Come mettere dunque insieme il desiderio di avventura e il bisogno di sicurezza? Come far incontrare questi due bisogni, entrambi così profondamente radicati nella nostra natura, eppure così spesso inconciliabili?

La strada, secondo Galimberti, è quella di accogliere il cambiamento che sbilancia la familiarità, che rende imprevedibile e nuovo, quindi rischioso, il tempo.

Si tratta di abbandonare gli attaccamenti. Di imparare a riconoscere e accogliere il cambiamento che, di per sè, è un processo sempre continuo. Si tratta di aprirsi senza preclusioni, accettando i rischi di una reale intimità. Di lasciarsi stupire, per poter provare meraviglia. E, al tempo, di saper stare senza appoggi esterni ed integrare la noia, l’esperienza del vuoto. Il vero nemico dell’amore non è il tempo, come solitamente si crede. Il nemico dell’amore è la nostra disattenzione dall’altro. Il nostro assentarci dalla relazione. La nostra incapacità di essere presenti e in contatto con il flusso naturale della realtà che si rinnova momento per momento.

“Ancora”: la parola per dire l’amore

Come sostiene Recalcati, vi sarebbero due menzogne nel nostro tempo che ci allontanano dall’amore e dalla cura di ciò che abbiamo. La prima è l’ideale narcisistico dell’essere umano che raggiunge libertà e indipendenza senza l’altro. La seconda è credere che la via della salvezza e del desiderio sia in ciò che non si possiede ancora, nella ricerca di un nuovo oggetto.

A differenza di Freud, che sostiene l’incompatibilità tra amore e desiderio, Lacan afferma che l’amore è quel mistero che fa convergere e non dissociare la domanda d’amore, che rende l’amato insostituibile, con il godimento del corpo. Non si tratta dunque di una fedeltà come rinuncia, come rassegnazione ad una routine senza vitalità, ma del godimento sessuale che si sposa con il desiderio della persona amata. La domanda d’amore chiede “ancora”, ‘insiste’ sullo stesso oggetto, vuole la sua infinita ripetizione. Non è l'”ancora” nel senso del nuovo dell’ideologia libertina, come la nostra modernità liquida vorrebbe, ma il vecchio che diventa sempre nuovo. L’amore che nel tempo non muore ma si accresce. Che soddisfa insieme il corpo e quell’abbandono all’altro, come esposizione assoluta, che de-isterizza il desiderio e amplia la vita.