
Cronos e Kairos: il tempo nella psicologia e nella psicoterapia

Quando una persona entra in terapia, porta con sé non solo la propria storia, ma anche il proprio modo di vivere il tempo. C’è chi arriva sentendosi in costante ritardo, sempre in affanno, come se la vita fosse una corsa senza sosta; Altri, invece, raccontano di attese infinite, di un tempo che sembra non passare mai. In entrambi i casi, emerge una tensione che i Greci avevano descritto in due figure distinte: Cronos e Kairos.
Chi sono Cronos e Kairos?
Cronos è il tempo che scorre, quello degli orologi e delle agende. È il tempo che permette di organizzare, pianificare, rispettare impegni. In terapia lo incontriamo nei pazienti che scandiscono la propria vita in tappe rigide: “A quest’età avrei già dovuto avere un lavoro stabile… una famiglia… una casa.” Cronos è indispensabile: ci permette di dare continuità e forma ai nostri progetti. Ma quando diventa l’unico orizzonte, rischia di trasformarsi in un tiranno. Quante volte sentiamo dire: “Non ho tempo”, e in quelle parole si nasconde la percezione di una vita compressa, consumata dalla fretta. Accanto a Cronos, però, c’è Kairos: il tempo opportuno, qualitativo, l’attimo in cui qualcosa accade perché trova le condizioni “giuste”. Non lo misuriamo in minuti o ore, ma nell’intensità con cui viene vissuto. È il tempo della pausa che apre uno spazio interiore, dell’incontro che cambia prospettiva, del silenzio che diventa rivelatore. In psicoterapia, Kairos si manifesta nei momenti in cui il paziente riesce a dire finalmente una parola nuova, o a vedere sotto una luce diversa ciò che prima appariva immutabile. Non è programmabile: accade, si coglie, si riconosce. Difatti, se ci limitiamo al tempo cronologico, rischiamo di trasformare la terapia in una sequenza di incontri scanditi dall’orologio, con obiettivi da raggiungere come fossero tappe produttive. Ma se riusciamo a valorizzare Kairos, allora lo spazio terapeutico diventa anche un laboratorio del “tempo vissuto”, dove ciò che conta non è quanto tempo serve, ma cosa accade dentro quel tempo.
Il lavoro clinico ci mostra che le persone soffrono non solo per ciò che è accaduto, ma anche per il modo in cui percepiscono lo scorrere del tempo: chi si sente schiacciato dalla fretta e dal dover fare, chi si percepisce bloccato, fermo in un eterno presente. Integrare Cronos e Kairos significa aiutare il paziente a non farsi mangiare dal tempo né restare imprigionato in esso, ma a riconoscere che ogni istante può contenere una possibilità di significato.
Quale apporto può dare la psicoterapia?
La psicoterapia è un vero e proprio esercizio di equilibrio tra Cronos e Kairos. Un tempo esterno che dà cornice (la durata della seduta, la cadenza degli incontri…) e un tempo interno che, a volte, ci sorprende con un lampo di comprensione, con la possibilità di vedere il mondo da una prospettiva diversa. Come psicologi e psicoterapeuti, la sfida non è tanto scegliere tra i due tempi, ma insegnare a viverli entrambi: Cronos per dare continuità alla vita, Kairos per restituire profondità all’esperienza.
Conclusioni
Riflettere su Cronos e Kairos significa anche interrogarci su come abitiamo noi stessi il tempo terapeutico. Cronos è la cornice che ci tutela: la durata della seduta, la regolarità degli incontri, un accordo tra le parti che scandisce il lavoro. Ma Kairos è ciò che accade dentro quella cornice, il momento in cui la parola si fa trasformativa e il silenzio diventa generativo.
Come professionisti siamo spesso chiamati a trovare un equilibrio delicato: da un lato la necessità di organizzare, contenere, dare continuità; dall’altro la disponibilità a restare aperti al momento giusto, a quell’attimo in cui “qualcosa accade” al di là della nostra pianificazione. Forse, allora, il nostro compito non è soltanto gestire il tempo della terapia, ma anche custodire le condizioni affinchè il tempo opportuno possa emergere. È in questo spazio che la psicoterapia rivela la sua natura più autentica: non solo un lavoro di ricostruzione lineare, ma un incontro capace di aprire possibilità inattese.