Il metaverso e un approccio equilibrato ad esso

metaverso

Negli ultimi anni, l’avvento del metaverso è diventato argomento di discussione e di curiosità in diverse discipline, sia scientifiche che umanistiche.

L’utilizzo costante di internet ha fatto sì che si sviluppasse la possibilità di creare una realtà virtuale o aumentata, fruibile da tutti e con avatar con caratteristiche a scelta.

I sostenitori del metaverso lo considerano come una vantaggiosa opportunità per vivere una realtà alternativa o parallela alla propria.

L’utente costruisce un personaggio, che svolge la propria vita, stabilisce relazioni sociali, si crea una famiglia e lavora, realizza degli spazi che mette a disposizione anche degli altri.

Tutto questo determina un’esperienza immersiva di condivisione di spazi e luoghi, ovviamente di tipo esclusivamente virtuali.

Il metaverso è quindi considerato un “luogo” che garantisce relazioni sociali, mediante la connessione; uno spazio di condivisione in cui non esistono distanze.

In effetti, le potenzialità offerte dalla rete e dal suo utilizzo, hanno un rovescio della medaglia, soprattutto se si pensa agli effetti psicologici sull’essere umano.

In primis, la possibilità di creare personaggi dall’espetto gradevole, perfetto e talvolta poco realistico, determina una minaccia alla propria autostima.

Il mondo creato, dove tutti ostentano pregi e non hanno difetti, determina l’eventualità di vivere poi il proprio corpo e la propria personalità con disagio.

Dal punto di vista della socializzazione, i potenziali effetti negativi possono essere ricercati, quindi, nell’illusione di avere tanti amici.

Il sentire l’esigenza di dover passare molto tempo nel metaverso, privilegiandolo e a discapito della vita reale, diventa un campanello di allarme e di riflessione.

Spesso, quando la propria vita, fatta di contatti fisici e emozioni, non è più soddisfacente, si tende a ricercare un altrove, che possa nuovamente farci sentire bene.

Il metaverso è utile se lo si considera opportunamente un prolungamento della realtà vissuta e non un rifugio confortevole o un’alternativa ad essa.