Isteria e Arteterapia .1

Isteria e Arteterapia .1 Una possibile condizione dell’essere umano iscritta nei nostri corpi condivisi, ritmici ed in crescita.

Parlare ed approfondire questa possibile condizione dell’essere umano, per me e per il mio gruppo di lavoro Poliscreativa, è importante. Questo tema ci porta a riflettere sull’importanza del poter dialogare con sé stessi e nel mio caso, in quanto psicoterapeuta ed arteterapeuta, del possibile dialogo tra più professioni, che si tengono la mano come in una danza.

Iniziamo per gradi, Isteria è una parola che circola in medicina da circa duemilacinquecento anni, più precisamente dai tempi di Ippocrate.

Grossolanamente possiamo affermare che l’isteria è una patologia caratterizzata da una tendenza a mettere in scena, in varie parti del corpo, certi aspetti problematici e patologici, rimandando quindi in qualche modo a una sorta di teatralità e ad un forte elemento metamorfico.

Come si è generato il concetto di isteria?

Qual è la storia di questa parola e quali usi se ne fanno ancora oggi?

Anche se secondo l’attuale nosografia psichiatrica la parola isteria non si usa più, se non marginalmente, è però necessario ricordare che l’isteria è fondamentalmente il nucleo su cui si è organizzata tutta una parte della classificazione della patologia psichiatrica e più in generale dei problemi psichiatrici.

Il tradizionale grande sintomo dell’isteria ai tempi di Freud è stato la paralisi isterica.

Per paralisi isterica si intende una paralisi che avviene in soggetti che non presentano alcun problema ai nervi. Sono state notate delle forme di paralisi isterica pur non risultando alcuna lesione neurologica, i riflessi, infatti erano conservati.

L’isteria presenta anche aspetti legati alla sessualità. Nel classico immaginario la persona isterica è una persona con una certa tendenza alla seduttività. Per Freud alla base di questa patologia era presente spesso un trauma sessuale.

Un’altra delle caratteristiche dell’isteria è la patoplasticità di riorganizzare la patologia, ovvero la forte influenza che gli aspetti ambientali e storici hanno sulla patologia.

Secondo l’ipotesi patogenetica del modello teorico di Ippocrate risalente al V secolo a.C., il motivo per il quale certe donne avevano una tendenza a mostrare sintomi cangianti nel tempo, consisteva nel fatto che l’utero nelle donne affette da isteria, dal greco hysteron, ὑστέρα, “utero”, girasse per il corpo e andasse a disturbare i più svariati organi.

Invece oggi è noto che qualcosa che riguarda l’isteria e tutti i suoi eredi nosografici riguarda anche il maschile.

Va considerato che gli schemi attraverso cui si espleta un disagio sono fondamentalmente plasmati dal contesto culturale.

Questo è un dato importante proprio per il nostro lavoro di arteterapeuti, perché noi lavoriamo molto sul concetto di cultura e sulla messa in forma di determinati aspetti.

Dopo questo breve excursus storico, è doveroso sottolineare che “isteria” è un termine che è stato usato in maniera discutibile e arbitraria da una medicina maschilista per stigmatizzare il comportamento delle donne.

La parola isteria viene usata in qualche modo all’interno di una società in cui i rapporti di potere sono fortemente legati al ruolo del maschile.

­­­­­­­­­­­Dire che l’isteria è una patologia psichica e non fisica non ha senso alcuno.

Ippocrate ha descritto l’isteria seppure in maniera discutibile, ma come una malattia organica, propria dei corpi. L’utero è infatti un oggetto fisico e non una rappresentazione mentale. Come ho spesso sottolineato nei miei articoli, quando parliamo di psiche, parliamo di corpo.

Questo aspetto tra soma e psiche, mi piacerebbe approfondirlo nei prossimi articoli.