“Quiet quitting” e dimissioni silenziose: quando il lavoro non è tutto

Il fenomeno del “Quiet quitting” e dimissioni silenziose, ovvero quando il lavoro non è più il centro della nostra vita. Qualche tempo fa abbiamo parlato di “Great Resignation : il boom mondiale di dimissioni volontarie che ha caratterizzato il 2021. In molti hanno persegito il progetto di vivere il lavoro in modo innovativo, con un nuovo mindsetYOLO Economy“. Altri invece si sono pentiti della propria scelta, rimpiangendo il vecchio posto di lavoro, come emerge dal sondaggio condotto negli USA da Joblist.

Ciò che è innegabile è che negli ultimi anni, complice la pandemia, è cambiato il modo di vivere e percepire il lavoro.

Nasce così il “Quiet quitting“: la tendenza da parte dei lavoratori a limitare i propri compiti e le proprie energie al minimo indispensabile sul posto di lavoro.

Non si tratta quindi di dimissioni vere e proprie ma di un progressivo “abbandono silenzioso” che mette in secondo piano il lavoro in favore della vita privata e del tempo libero. Questa tendenza coinvolge soprattutto le nuove generazioni, forti di una trasformazione concettuale del lavoro in termini di tempo, sforzo e attaccamento. Possiamo considerarlo un movimento di “ribellione” al pari della “Great resignation” perchè segna una spaccatura epocale con il modello Stacanovista.

Quali sono le cause?

Il Quiet quitting può essere considerato come una fisiologica reazione al burnout e allo stress lavoro correlato che hanno caratterizzato gli ultimi tre anni, ma non solo. La causa scatenante è la disaffezione e l’insoddisfazione verso il proprio lavoro.

Il report State of the global workplace 2022 di Gallup, afferma che in Europa solo il 14% dei lavoratori dipendenti mostra un reale coinvolgimento nella propria attività lavorativa. Mentre il 39% del campione afferma di sperimentare un forte stress quotidiano, manifestando un malessere psicologico diffuso.

Esiste una soluzione?

Non esiste una risposta univoca e definitiva a questa domanda. Lo sciame di movimenti che ha scosso il mondo del lavoro è indice di una restaurazione profonda che privilegia l’equilibrio vita/lavoro. È evidente però che l’insoddisfazione e la frustrazione dei lavoratori abbiano giocato un ruolo fondamentale in questo cambiamento. È necessario stimolare i propri dipendenti per rafforzarne la motivazione, il senso di appartenenza e la soddisfazione professionale e ridurre drop out e dimissioni.