SELF-COMPASSION: avere un atteggiamento compassionevole verso se stessi

Come riconoscere la propria sofferenza e rispondere con gentilezza.

Che cos’è la self compassion? E perchè è così importante?

La self- compassion è un’abilità che presuppone un atteggiamento di cura verso se stessi. In molti modelli terapeutici basati su evidenza scientifiche sta trovando ampio utilizzo e numerosi sono i benefici nei disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, traumi, dipendenze. Ma non solo! La vita spesso ci pone davanti a delle grandi sfide a cui noi rispondiamo trattandoci con giudizi critici e severi. Avere questo tipo di atteggiamento, invece, implica essere consapevoli che tutti soffriamo nella vita e che non siamo soli.

La self-compassion è stata introdotta da Kristin Neff. Fa parte delle cosiddette psicoterapie della terza onda, come l’acceptance and compassion therapy (ACT).

Secondo la Self-Compassion alcuni degli ingredienti cardine per sviluppare un atteggiamento compassionevole verso se stessi sono:

  • La consapevolezza nei confronti dei propri vissuti, delle proprie esperienze interne aiuta ad accettarsi riducendo o eliminando il giudizio.
  • La connessione con gli altri esseri umani e con l’universalità della sofferenza.
  • Un atteggiamento gentile nei confronti di se stessi.

Quando si sta vivendo un momento di sofferenza, dunque, proviamo a fermarci un attimo e a riconoscere il nostro dolore. Siamo portati, invece, ad evitarlo, a fuggire, a provare “distrazioni”, a fare cioè tutto quello che in realtà non ha a che fare con la gentilezza verso noi stessi.

Ma se fosse un nostro amico a soffrire? Cosa gli direi?

Non esistono cose giuste o sbagliate da dire, ma probabilmente il nostro amico vorrebbe presenza, comprensione e non di certo giudizi. Perchè quando invece siamo noi a soffrire, non utilizziamo lo stesso atteggiamento di cura riservato ad un amico?

Il secondo step importante dunque è rispondere con gentilezza, ovvero “sganciarci” da giudizi severi o dalle classiche storie del “non sono abbastanza bravo”. Pensiamo di nuovo al nostro amico immaginario: cosa gli diremmo in un momento di sofferenza? E proviamo a rivolgere quelle parole a noi. Ricordiamoci che possiamo commettere qualche errore, che siamo umani.