La solitudine dei nostri tempi

La solitudine dei tempi che viviamo è una solitudine in cui predominano l’individualismo, la competizione e la negazione dell’autenticità.

Una solitudine che ha il sapore della chiusura, dell’indifferenza. Delle relazioni liquide e della mancanza d’amore. Radicalmente diversa dalla solitudine sana, che porta a sintonizzarsi con i valori della vita e della compassione, si tratta di una solitudine che non risponde alla nostra vera natura e al bisogno che abbiamo tutti di stare in relazione.

La solitudine è condizione fondamentale della vita

Nella solitudine incontriamo noi stessi. Le nostre emozioni, i nostri bisogni. Entriamo in contatto con le esigenze che emergono nel flusso continuo della nostra coscienza, con le tensioni e, anche, con le inquietudini della nostra anima. Lo esprimeva in modo chiaro Leopardi: “La solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene, stai benissimo; se sei solo e stai male, stai malissimo“.

Solitudine è silenzio, ascolto. Quella dimensione grazie alla quale siamo in grado di connetterci alle nostre parti più profonde. E’ attraverso questa esperienza che possiamo accedere ad una intimità non solo con noi stessi ma anche con l’altro: la relazione nasce dall’incontro di due solitudini.

L’evitamento e la paura di guardarsi dentro

Molte persone tendono ad evitare la solitudine poiché la vivono come qualcosa di negativo. Sono alla continua ricerca di compagnia e stimoli con cui riempire il tempo e ogni spazio vuoto. La società in cui viviamo, che dà più valore al fare che al sentire, e all’immagine che all’essere, svaluta l’importanza della solitudine nella sua forza vitale e creatrice. Vi è una paura diffusa di guardarsi dentro. Di mettere a nudo le proprie fragilità, di perdere le difese onnipotenti. Di ritrovarsi smarriti, senza gli appoggi esterni. E, al tempo stesso, di instaurare legami affettivi significativi.

La cultura narcisistica in cui siamo immersi, nel trasmettere ideali di invulnerabilità, spinge verso la negazione delle parti autentiche indesiderate. Questo processo di alienazione da sé stessi, tuttavia, non fa che danneggiare la salute nei termini di una perdita di sé che spesso si traduce in vuoto esistenziale con vissuti a volte molto dolorosi di angoscia e frammentazione.

L’isolamento

La solitudine in alcuni casi può diventare un rifugio, una forma di isolamento. L’altro volto della solitudine narcisistica dei tempi che viviamo. Mentre chi fugge dal contatto con se stesso spesso si aggrappa ad una immagine di grandiosità, chi si ritira in sé evita il contatto con l’altro e tende a precipitare nella svalutazione di se stesso. Alla base vi è generalmente la paura di non essere all’altezza dei propri ideali narcisistici e delle aspettative esterne. La paura di essere rifiutati, traditi, abbandonati.

A differenza della solitudine sana che conserva la connessione con il mondo delle relazioni, l’isolamento porta a sentirsi fortemente soli, lontani e persino estranei alle cose e agli altri. La chiusura verso l’ambiente esterno può accompagnarsi, all’estremo, ad uno spegnimento dello slancio vitale e ad una perdita della speranza, come negli stati depressivi. L’esperienza di sé perde la sua continuità, il suo libero fluire, per coagularsi e sgretolarsi.

Dalla chiusura narcisistica all’intimità

Riscoprire la funzione sana delle solitudine vorrebbe dire riappropriarsi di se stessi, della propria autenticità. Al di fuori di ideali e maschere, di grandiosità e svalutazioni. Riconoscere la realtà del proprio valore e della propria esistenza. Vorrebbe dire poter incontrare e tenere insieme tutte le proprie parti e sperimentare la continuità del sé. Costruire una comunicazione esistenziale fatta della solitudine di chi parla e della solitudine di chi ascolta, nel fluire di una relazione intima dove l’Io e il Tu si guardano, si riconoscono e si aprono insieme alla natura del loro incontro.